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VENETO

Un decennio di cooperazione transfrontaliera

Dall'Italia alla Slovenia per affrontare le maxi emergenze

VENEZIA - Sono passati quasi dieci anni da quando le realtà sanitarie dell’Italia e della Slovenia, unite dal confine geografico e da una visione comune, hanno iniziato a formarsi e prepararsi per affrontare insieme le emergenze sanitarie di grande portata. Un percorso che ha dato vita al progetto europeo AidMIRE (Aid to Major Incident Response Evolvement), una rete transfrontaliera che coinvolge l’Ulss 3 Serenissima, l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi) di Trieste, e gli ospedali e le case della salute di Isola e Sežana. Il progetto si propone di affrontare scenari catastrofici, da disastri naturali a epidemie, passando per attentati terroristici, scontri industriali e persino emergenze marittime. E lo fa con un mix di innovazione tecnologica, formazione continua e simulazioni pratiche.

A partire da una semplice domanda – "Se dovesse accadere una crisi sanitaria improvvisa al confine, come potrebbero le due nazioni coordinarsi efficacemente?" – i partner del progetto hanno cercato una risposta condivisa, dando vita a un sistema di soccorso congiunto capace di superare le difficoltà linguistiche, logistiche e organizzative. Quella che sembrava una sfida, con il passare del tempo è diventata una realtà consolidata, con protocolli comuni, formazione omogenea e l’impiego di tecnologie all’avanguardia.

I risultati del progetto si vedono nei numerosi allenamenti e simulazioni effettuate negli ultimi anni. Due di esse, una a Nova Gorica, in Slovenia, e l’altra a Marghera, in Italia, hanno coinvolto operatori sanitari di entrambi i Paesi in scenari di maxi emergenza, tra cui l’incidente tra una ferrocisterna contenente liquido tossico e un bus con 28 passeggeri a bordo. “Le simulazioni sul campo sono fondamentali per testare la prontezza dei sistemi sanitari – spiega Biagio Epifani, responsabile scientifico del progetto e primario del pronto soccorso di Mirano. Permettono di identificare eventuali margini di miglioramento nelle procedure e nelle tecnologie, specialmente nella gestione di pazienti politraumatizzati in un’area transfrontaliera dove i sistemi sanitari hanno strutture e modalità di intervento differenti”.

Il progetto AidMIRE ha anche contribuito alla formazione di circa cento operatori sanitari, con l’attivazione di ben 65 corsi, sparsi tra Trieste, Venezia, Isola e Sežana. Un’attività che non si ferma alla teoria, ma che si basa su esperienze pratiche, come l’utilizzo di tecnologie innovative come il software di realtà aumentata. Questi programmi permetteranno agli operatori sanitari di vivere esperienze immersive che simuleranno scenari di emergenza, sia intraospedalieri che extraospedalieri. Con l’impiego di visori, i professionisti potranno gestire situazioni complesse, come il trattamento di pazienti con politrauma, interagire con i familiari dei pazienti e prendere decisioni rapide in tempo reale, il tutto in un ambiente virtuale che riproduce con realismo le condizioni di emergenza.

A rendere ancora più concreta l’efficacia di questo progetto, è l’adozione di strumenti tecnologici avanzati. I rilevatori portatili per il triage in loco, utilizzati dalle centrali operative del Suem 118, sono uno degli esempi di come la tecnologia possa accelerare la risposta nelle situazioni di emergenza. Questi dispositivi, che operano grazie al sistema Maxxie, sono in grado di attivare il triage immediato, evitando i tempi morti che potrebbero compromettere l’intervento. Inoltre, un ponte radio tra Italia e Slovenia, realizzato grazie ai fondi europei, ha velocizzato la comunicazione d’emergenza, creando un canale dedicato al coordinamento delle squadre di soccorso.

"Il decennio di cooperazione tra i nostri Paesi ha dato vita a una rete di competenze e di esperienze che vanno oltre i confini degli ospedali, puntando su tre pilastri fondamentali: formazione, collaborazione e comunicazione", sottolinea Sandro Centonze, direttore di Ricerca e Innovazione di Asugi. Un esempio concreto di come la sinergia tra le realtà sanitarie italiane e slovene abbia portato a risultati tangibili non solo per i professionisti, ma anche per i cittadini, che si trovano ad avere un sistema di risposta alle emergenze più forte e strutturato.

Martina Stanič, dell’Ospedale di Isola, sottolinea come la sua struttura, grazie alla lunga esperienza nel progetto, abbia garantito ai partner italiani una solida affidabilità e una flessibilità linguistica che ha facilitato la comunicazione tra i due Paesi. "Il nostro ospedale è sempre stato al fianco dei partner, garantendo il massimo supporto nei momenti critici", commenta.

Anche Katerina Rihter della Casa della Salute di Sežana conferma l’importanza di questa cooperazione per il miglioramento continuo dell’assistenza sanitaria. "Si tratta di un trasferimento di buone pratiche che ci permette di crescere insieme e di offrire ai nostri cittadini un servizio sempre migliore".

Ma non è solo una questione di formazione: "Abbiamo lavorato insieme per creare protocolli comuni che vanno oltre le mura degli ospedali", afferma Igor Crnić della Casa della Salute di Isola. "Abbiamo sviluppato soluzioni condivise, anche sul piano normativo, che potrebbero essere utili a livello internazionale, tra Stati confinanti".

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