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In prima linea contro il cuneo salino

Super-siti di monitoraggio per studiare acque sotterranee e proteggere i terreni agricoli

CAVARZERE - C’è anche Cavarzere al centro di una delle sfide ambientali più delicate per il futuro agricolo del Veneto: la lotta all’intrusione salina e alla siccità. Proprio qui, nel cuore del territorio del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, è stato installato uno dei “super-siti” di monitoraggio del progetto europeo Swamrisk, l’iniziativa transfrontaliera che unisce partner italiani e croati per studiare le acque sotterranee e sviluppare strategie contro la salinizzazione delle coste.

A Buoro, nel comune cavarzerano, un pozzo piezometrico consente di raccogliere dati cruciali sulla risalita del cuneo salino, fenomeno che rischia di compromettere ettari di terreno agricolo e l’approvvigionamento idrico.

Il problema della salinizzazione non è nuovo. Da anni, in un’area che comprende circa 15 mila ettari tra Correzzola, Codevigo, Cona, Cavarzere, Chioggia e Pontelongo, si registra un progressivo peggioramento. Quote che arrivano fino a quattro metri sotto il livello del mare, attività antropiche, innalzamento del mare, riduzione delle piogge e riscaldamento globale hanno accelerato un processo naturale, rendendo i suoli sempre meno produttivi.

“Già dagli anni ’90 – ricorda Fabrizio Bertin, presidente del Consorzio – abbiamo iniziato a notare una progressiva diminuzione delle rese agricole in queste zone. Il sale rende i terreni non più adatti alle colture e mette a rischio un’area di 24 mila ettari”.

Da qui l’adesione al progetto Swamrisk (Subsurface Water monitoring and Management to prevent drought risk in coastal systems), finanziato dal programma Interreg Italia-Croazia 2021-2027 con un budget di 2,19 milioni di euro. Il progetto, che coinvolge otto partner italiani e croati tra cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche, la Regione Veneto e l’Università di Spalato, ha già completato carotaggi e installazioni sia a Cavarzere che a Punta Gorzone di Chioggia.

Proprio a Punta Gorzone i ricercatori hanno individuato un corpo acquifero dolce, a circa 35 metri di profondità, protetto da uno spesso strato di argilla. Una scoperta inattesa, definita “di eccezionale importanza” dal dirigente di ricerca del CNR Luigi Tosi: un tesoro nascosto che, sebbene non ancora sfruttabile, potrebbe rappresentare una riserva preziosa per il futuro.

Il cuore dell’iniziativa è l’installazione di centraline di monitoraggio che, grazie al sistema “Hydro-cloud”, raccolgono e condividono in tempo reale dati su livello, temperatura e salinità delle acque sotterranee. Queste informazioni, accessibili a enti e ricercatori, diventeranno la base per pianificare opere di mitigazione e strategie di resilienza climatica.

“Il nostro obiettivo – sottolinea Bertin – è rendere il territorio capace di resistere ai cambiamenti climatici e alle criticità legate alla gestione dell’acqua. Se un secolo fa la bonifica era l’intervento principale, oggi siamo chiamati a una nuova missione: custodire e garantire l’acqua per l’agricoltura e per le comunità locali”.

Il progetto Swamrisk non si limita al monitoraggio. I dati raccolti serviranno a sbloccare due interventi attesi da anni. Il primo è lo sbarramento antintrusione salina sul Brenta, un’opera ideata con il CNR e le università, ferma dal 2016 per mancanza di fondi. Oggi i costi sono saliti a 25 milioni, ma la sua costruzione permetterebbe di accumulare 3 milioni di metri cubi di acqua dolce, salvando 24 mila ettari di terreno agricolo.

Il secondo riguarda la realizzazione di un bacino di accumulo idrico a Ca’ Bianca di Chioggia, con una capacità di 210 mila metri cubi, utile a garantire acqua non salinizzata per almeno due settimane nei momenti di maggiore siccità.

Le ricadute del progetto superano i confini locali. “In Veneto – ricorda Alex Vantini, presidente di ANBI Veneto – sono circa 240 mila gli ettari di territori sotto il livello del mare, molti dei quali soggetti a subsidenza e intrusione salina. Sono terre riscattate dalle paludi, fondamentali per un’agricoltura che vale 8 miliardi di euro. Preservarle è una sfida esistenziale”.

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