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IL CASO
12.04.2024 - 13:45
Paolo Battistini, referente locale dell’associazione Familiari e vittime della strada
CONA - “Una vita persa e due famiglie rovinate”. Il dolore nelle parole di Paolo Battistini, referente locale dell’associazione Familiari e vittime della strada sulla morte di Roberto Borella, travolto da un’auto, poi fuggita, lungo la strada tra Cantarana e Pegolotte di Cona, lungo il canale Rebosola.
“Vite rovinate perché da una parte la famiglia di Roberto ha perso una persona cara - specifica - mentre dall’altra c’è la famiglia di quel giovane che dovrà affrontare le conseguenze di quanto accaduto”. Dai dati forniti dall’osservatorio di Asap sugli incidenti stradali emergono numeri preoccupanti.
“Nel 2023 sono stati 959 in Italia - spiega Battistini - con 86 morti e oltre 1.100 feriti. Il Veneto si trova al quinto posto tra le regioni con più incidenti di questo tipo con 73 casi di omissione di soccorso. Numeri che indicano una situazione molto grave”. Numeri che non scendono, anzi. Nel 2024, e solo nel fine settimana di Pasqua, sono stati 33 i morti; 26 nei giorni del fine settimana e altre 7 il lunedì di Pasqua. Nel fine settimana precedente erano state in totale 27 con due incidenti plurimortali in cui hanno perso la vita 4 persone. La vittima più giovane un ragazzo di 19 anni, la vittima più anziana una donna di 88 anni.
“Pedoni e ciclisti sono ovviamente le categorie più esposte, soprattutto se transitano per strade poco illuminate - aggiunge Battistini. Oltre il 70% delle persone che, a seguito di un incidente fuggono, vengono però identificate.
“Grazie alle immagini delle telecamere e ad eventuali pezzi del mezzo persi che aiutano l’identificazione - continua - investire o colpire qualcuno è un fatto che può capitare, ma fuggire lasciando la persona lì è un atto da condannare assolutamente . Oltre ad avere una vita sulla coscienza queste persone vanno a complicare la loro posizione penale perché in quei casi la pena è aumentata anche fino ad un terzo della pena base, che è di 7 anni”.
Distrazione, alta velocità e guida alterati tra le cause più comuni che portano poi al sinistro. “Capita anche semplicemente di non vedere la persona perché, magari, la strada non è ben illuminata e il ciclista non indossa catarifrangenti - aggiunge - ma soccorrere è un dovere. La persona soccorsa entro un’ora dal sinistro può essere salvata, ma se la si abbandona lì ovvio che non abbia alcuna possibilità”.
L’associazione ora lancia un appello alle istituzioni perché si lavori di più sul tema della sicurezza stradale. “L’attuale riforma va nella direzione giusta ma presenta ancora troppe lacune - commenta - nel caso di Pegolotte sarebbe importante pensare a un guard-rail dalla rotatoria lungo il tratto arginale. Sul quel viale, poi, c’è il limite dei 70 chilometri orari ma pochi lo rispettano. Come associazione ci impegniamo ad andare nelle scuole, a parlare con i giovani per spiegare le conseguenze di una guida irresponsabile. Sono azioni importanti ma non bastano, le notizie che ci arrivano ogni giorno ce lo confermano. Servono azioni più concrete, serve che le istituzioni uniscano le forze e si mettano in gioco. Infine, forse banale ma non scontato, serve ricordare a chi si mette a bordo di un mezzo che è responsabile della propria vita si, ma anche di quella degli altri”.
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