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La storia
31.01.2023 - 13:07
Tiziano Vegro con i figli Francesca e Giovanni
CONA - Un ristorante che si rispetti non vende solo cibo. Porta in tavolo una cultura gastronomica, e racconta ai suoi clienti una storia. Questa è la vera sfida del futuro, andare oltre al piatto perfetto per trasmettere emozioni. E di storia e di emozioni si fa veramente il pieno quando ci si siede al tavolo dell’Antica trattoria “Al Portico” a Conetta, nella campagna che porta verso Cavarzere. In realtà, se chiede informazioni per strada vi risponderanno: Volete andare da Vegro?
E’ il nome storico, il cognome della famiglia che da sempre gestisce la trattoria. Poi, un po’ alla volta è rimasto solo Antica trattoria “Al Portico”. La sostanza però non cambia. Anzi.
Perché qui la storia è tutt’intorno. Ed è quella di un locale cresciuto nel corso degli anni e che Tiziano Vegro racconta con l’orgoglio di chi sa che quella è la “sua” storia.
“Prima della guerra questo era uno storico negozio di generi alimentari storico. E da lì è nato quasi per caso la prima trasformazione, quella in prosciutteria. All’epoca si lavorava ancora molto con il baratto. E mio nonno prima e mio padre poi vendevano tutto quello che serviva per produrre gli insaccati. Spesso si veniva pagati con lo stesso prodotto: prosciutti e salami artigianali che poi venivano messi in vendita. Prodotti artigianali e di alta qualità che un po‘ alla volta sono diventati il marchio distintivo della nostra attività”.
Ad aiutare nella trasformazione è stata anche la location: proprio sulla strada quasi obbligata che porta verso Chioggia. “I clienti diretti al mare si fermavano a comprare prosciutto e salame... Ci siamo chiesti: perché non proporre anche i prodotti della nostra cucina? E un po’ alla volta si è arrivati al passaggio successivo, vale a dire l’apertura della trattoria”.
Una trasformazione che è andata avanti di generazione in generazione, esperienza dopo esperienza, una contaminazione enogastronomica dopo l’altra, senza però perdere mai di vista il territorio, i suoi saperi e i suoi sapori.
“Per anni ho gestito io la trattoria e adesso insieme a me ci sono i miei due figli che ovviamente hanno portato in cucina e nella stessa gestione del locale le loro esperienze e le loro sensibilità. E’ un altro passo in avanti partendo però da una filosofia che è il nostro tratto distintivo: puntare sempre sulla qualità della materia prima. Pensate: da 5 anni per allargare la proposta abbiamo lanciato anche la sfida della pizzeria gourmet, ma nel menù si inserisce a meraviglia”. A fianco di Tiziano, adesso, ci sono i figli Francesca, che gestisce l’accoglienza e la sala, e Giovanni, chef che prima di tornare a casa ha fatto esperienza in alcuni importanti ristoranti di Milano.
Tradizione e innovazione, territorio e ricerca, “Ai Portici” è una vera scuola. “ In questo momento, ad esempio, abbiamo un menù in gran parte nuovo. Senza rinunciare alla tradizione lo chef, mio figlio Giovanni legatissimo alle ricette della mamma Maruzzella, ha deciso di proporre una serie di piatti innovativi, legati però sempre alla stagionalità e al territorio”.
Un legame inscindibile, che però non si ferma ai ristretti confini di casa. “Qualità significa anche ricerca. Come quella di piccoli produttori anche non delle nostre campagne ma che forniscono prodotti di altissima qualità”.
Quando ci si siede al tavolo della Locanda “Al Portico” si viene accolti prima di tutto con un sorriso e poi, come antipasto, con un piatto di salumi locali, di quelli che non si trovano dovunque.
“Il piatto che ci dà più soddisfazione? Il risotto mantecato nel grana. Pensate che in cucina usiamo in media 100 chili di riso ogni 20 giorni.
“Noi curiamo molto i particolari, dall'olio d'oliva ai brodi senza preparati. Proponiamo olio toscano, ma anche del Garda, umbro e persino sardo: ognuno è adatto ad accompagnare un piatto diverso. Ma tutti sono prodotti da piccole aziende che fanno della qualità il loro marchio distintivo”. E i vini? “Veneti, certo. Ma non solo. E come gli oli sono il frutto di un lavoro di ricerca per adattarli ai nostri piatti”.
Piatti ai quali si fa fatica a rinunciare, tanto che una volta seduti una portata... tira l’altra. Dai risotti agli gnocchi di patate, dalle tagliatelle (perfette, e non è facile...) e poi le carni classiche ma anche con puntate sull’angus... E le verdure del territorio. E i dolci. Basta così, perché cultura enogastronomica è anche la capacità di fermarsi ad un certo punto con le parole per lasciare lo spazio ai sapori, ai colori e agli odori che è davvero troppo difficile descrivere.
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