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Una pietra d’inciampo per Carmi

La città ricorda così il deportato di Chioggia per non dimenticare

Una pietra d’inciampo per Carmi

CHIOGGIA - Posata ieri mattina la pietra d'inciampo in ricordo di Cesare Carmi. Un’iniziativa realizzata grazie all'interessamento dell'Anpi di Chioggia, Iveser (Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea), la Comunità Ebraica di Venezia, la Fondazione Clodiense, il dipartimento di Biologia del Mare dell'Università di Padova, Spi Cgil, il Comune di Chioggia, il Comune di Venezia, la Municipalità di Venezia Murano Burano, il Centro Tedesco di Studi Veneziani.

La cerimonia si è tenuta davanti a calle Scopici, proprio davanti alla casa da cui venne deportato Carmi, il 16 dicembre 1943, per non fare più ritorno da Auschwitz. Alla cerimonia hanno presenziato anche il sindaco Mauro Armelao e il presidente del Consiglio Beniamino Boscolo Capon.

“Con questa pietra d'inciampo la nostra città vuole ricordare e non dimenticare. Fa rabbrividire che l'essere umano sia arrivato veramente a tanto". Il presidente del Consiglio comunale Beniamino Boscolo Capon ha ricordato che "ci sono 70mila pietre d'inciampo in Europa e circa 150 a Venezia e come presidente del consiglio esprimo la necessità di ricordare il valore della vita e di quei diritti inalienabili. Con questa sesta pietra d'inciampo nel nostro territorio diamo dimora a Cesare e a tutti quelli che, come lui, non sono mai tornati a casa e non hanno avuto una degna sepoltura”.

Il presidente dell'Anpi di Chioggia Enrico Veronese ha ricordato la storia di Campi, figlio di una famiglia veneziana che era stato inviato a Chioggia per lavorare nell'azienda di un cugino. Trovò casa in calle Scopici e si inamorò di Flavia Silvestri, genovese che arrivò con la famiglia a Chioggia. Nel 1943 venne portato a Fossoli e, il 22 febbraio 1944, venne portato nel campo di concentramento. Da quel momento si perdono le sue tracce e di lui rimane solo il numero tatuato nel braccio sinistro: 174482 tatuato nel braccio sinistro. Nel febbraio 1946 il veneziano Luciano Mariani, sopravvissuto al campo di concentramento, racconta di aver conosciuto Carmi e che, nel gennaio 1945, i nazisti avevano abbandonato i lager in fretta e furia trascinando con sè, nella neve della steppa polacca, coloro che erano in grado di camminare. Qui Carmi, durante la lunga attraversata, trovò la morte.

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