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Fusione Cavarzere e Cona, uno studio per capirla

Lunedì 13 febbraio l'incontro pubblico con l’assessore regionale Calzavara e Padrin, sindaco di Longarone

Fusione Cavarzere e Cona, uno studio per capirla

CAVARZERE - La fusione dei Comuni ritorna al centro della discussione: lunedì 13 febbraio, alle 18.15 nel teatro comunale “Tullio Serafin” verrà presentato lo studio di fattibilità per la fusione di Cavarzere e Cona, alla presenza di Francesco Calzavara, assessore regionale agli Enti Locali, Roberto Padrin, presidente della provincia di Belluno e sindaco di Longarone, Comune fuso con Castellavazzo, e Alberto Cestari, consulente del centro studi “Sintesi”. All’incontro sarà presente il sindaco di Cavarzere, Pierfancesco Munari, la cui giunta ha promosso questo studio di fattibilità.

Cavarzere con 12.962 abitanti al 31 dicembre 2021 e Cona con 2.788, insieme supererebbero (anche se di poco) la soglia dei 15mila abitanti (15.750). Una soglia che non è solamente psicologica, ma ha anche un valore economica rispetto a trasferimenti statali e regionali. Inoltre Cavarzere e Cona condividono molto rispetto ai servizi pubblici. Solo l’ambito territoriale ottimale del servizio idrico integrato è diverso, Cavarzere è in quello polesano, Cona è nel Bacchiglione. Ma gli altri sono gli stessi: Ulss 3 Serenissima, distretto sanitario di Chioggia, Bacino di raccolta dei rifiuti di Venezia, distretto scolastico Venezia sud, distretto di Polizia locale Venezia 4B e distretto di Protezione civile Venezia 4.

Ci sono state 14 fusioni dei comuni veneti a partire dagli anni Novanta e fino a oggi, 12 delle quali successive alla legge che ha introdotto importanti agevolazioni. Ma è altrettanto vero che ci sono stati anche progetti di fusione che il referendum popolare ha bocciato, fermando l’iter. Uno di questi è Civitanova Polesine, che aveva coinvolto i comuni di Arquà Polesine, Costa di Rovigo, Frassinelle Polesine, Pincara, Villamarzana e Villanova del Ghebbo. Gli unici due comuni dove vinse il “sì” tra i cittadini furono Pincara e Frassinelle. Quest’ultimo, poi, decise di riprovarci, stavolta con Polesella. E contrariamente a quanto si sarebbe pensato, il “no” ha vinto proprio a Frassinelle, mentre a Polesella aveva vinto il “sì”. Quindi niente fusione.

Eccoli, invece, i comuni del Veneto che si sono “sposati” dal 1990 in poi: Porto Viro, in Polesine, nel 1995 dalla fusione di Contarina e Donada e Due Carrare, in provincia di Padova, tra Carrara San Giorgio e Carrara Santo Stefano. Quelli successivi sono arrivati quasi un decennio dopo e soprattutto in provincia di Belluno, dove i comuni hanno pochi abitanti. Nel 2013 Quero Vas, tra Quero e Vas appunto, poi l’anno successivo Longarone ha “inglobato” Castellavazzo, nel 2016 Val di Zoldo tra Forno di Zoldo e Zoldo Alto, quindi Alpago, stesso anno e stesso giorno, il 18 febbraio, tra Farra, Pieve e Puos d’Alpago. Nel 2017, in provincia di Vicenza, Val Liona, fusione tra Grancona e San Germano dei Berici, quindi Barbarano Mossano, l’anno dopo, tra Barbarano Vicentino e Mossano. Nel 2018 a febbraio a Padova si è celebrata la fusione tra Saletto, Santa Margherita d’Adige e Megliadino San Fidenzio, con la nascita di Borgo Veneto. Nel 2019 l’ultima infornata: Borgo Valbelluna (Belluno) nato dalla fusione tra Lentiai, Mel e Trichiana, Pieve del Grappa (Treviso) tra Crespano del Grappa e Paderno del Grappa, in provincia di Vicenza sono nati Colceressa (Mason Vicentino e Molvena), Lusiana Conco (Conco e Lusiana), Valbrenta (Campolongo sul Brenta, Cismon del Grappa, San Nazario e Valstagna).

In tutti questi casi sono nati comuni con meno di 15mila abitanti, mentre la forza della nascita di un comune nuovo dalla fusione tra Cavarzere e Cona, sarebbe di superare quella soglia. Non va dimenticata anche la riduzione del numero di amministratori comunali: si passerebbe da due sindaci a uno, ovviamente, da 28 consiglieri comunali a 16 e da un assessore attualmente non consigliere a 5. In totale 22 amministratori comunali al posto di 31 con un risparmio di spesa del 15%.

E poi ci sono gli incentivi a fare la differenza, soprattutto quelli economici, statali e regionali. Per i comuni istituiti a seguito di procedimento di fusione è prevista infatti l’erogazione del contributo straordinario statale per 10 anni a decorrere dalla fusione, l’erogazione del contributo straordinario regionale, la priorità nell’assegnazione degli spazi finanziari regionali ai Comuni istituiti per fusione a decorrere dal 2011, l’esclusione dall’assoggettamento dell’obbligo associativo per i comuni istituiti mediante fusione che raggiungono una popolazione pari o superiore a 3mila abitanti o 2mila abitanti se appartenenti a Comunità montane per un mandato elettorale, la previsione di forme premiali nelle misure di incentivazione regionale, l’esclusione da vincoli per le assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente, il subentro nei benefici, stabiliti dall’Unione europea o da leggi statali, di cui godevano gli enti estinti.

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