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Cavarzere

Le storie di tre uomini di parola

Tanti applausi per lo show di Mauro Corona, Toni Capuozzo e Luigi Marieron

Le storie di tre uomini di parola

CAVARZERE - “Sono tre grandi amici, sono uomini di parola e sono tutti e tre furlan”. In poche parole l’assessore alla Cultura Ilaria Turatti venerdì 27 maggio sera ha introdotto e presentato lo spettacolo di musica e parole che ha avuto come protagonisti Toni Capuozzo, Mauro Corona e Luigi Maieron, sul palco di un teatro “Tullio Serafin” davvero gremito.

Ad accogliere i tre protagonisti della serata anche il sindaco Pierfrancesco Munari, che ha fatto gli onori di casa regalando loro un libro sulla storia di Cavarzere. E proprio partendo dalla tribolata storia della città attraversata dall’Adige, Munari ha voluto ricordare quante difficoltà negli ultimi cento anni abbia dovuto affrontare, dalle devastazioni della guerra all’alluvione. “Abbiamo sofferto molto in passato, siamo stati la Cassino del nord, non riconosciuta ufficialmente, ma come amministrazione stiamo percorrendo la strada affinché ci sia riconosciuto il titolo di città martire, per il contributo di vite dato durante la Seconda guerra mondiale - ha annunciato il sindaco - siamo già in contatto col prefetto e il ministero per ottenere questo titolo. E poi la terribile alluvuione del Polesine che in tanti dimenticano sia arrivata fino qui”.

E’ proprio agganciandosi alla parola “Polesine”, Capuozzo ha iniziato la serata. “E’ una delle prime parole che ricordo, è una delle prime immagini che conservo da bambino insieme a quella della morte del bandito Giuliano - le sue parole - ricordo le immagini in bianco e nero di questa terra invasa dalle acque”. Prima, però, la canzone di Maieron dedicata a un compianto amico... dei tre amici, Maurizio Protti, detto Icio. Un friulano come loro, che a Cimolais aveva condotto l’albergo Duranno. “Ma se andavano in cinquanta ne faceva pagare dieci, a lui non interessavano i beni terreni - ha ricordato Corona - ho iniziato a farlo bere io quando eravamo ragazzini, e con il bere, il gioco e le donne, ha ‘lapidato’, come usava dire lui, una parola non utilizzata a caso, tutto il suo patrimonio”.

Da Icio ancora al Polesine, all’alluvione, e a quella della Romagna. Disastri naturali che si ripetono, spesso senza dei veri colpevoli, anche se, come hanno riflettuto Capuozzo e Corona, la storia ha spesso messo in luce le colpe di chi non ha avuto il “coraggio” di denunciare. “Come nel Vajont - ha ricordato Corona - i tecnici e gli amministratori della Sade, l’azienda che gestiva la diga e la doveva vendere a Enel, non hanno segnalato i continui movimenti della terra che si avvertivano, le spaccature nella roccia che ricordo anch’io, all’epoca avevo 13 anni. Del resto, se devi vendere la tua auto a un altro, e il giorno prima ti vede portarla dal meccanico, si chiederà se è tutto in regola”. Storie di tragedie, di vite infrante, allora come oggi, ma anche di speranza, di ricostruzione. Con un po’ di musica e con il botta e risposta tra Capuozzo e Corona, tra un bicchiere di vino e una battuta, interrotti dagli scroscianti applausi del pubblico al “Serafin”.

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