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20.03.2025 - 17:56
VENEZIA - Gli Stati Uniti bussano alla porta dell’Italia per sopperire alla grave carenza di uova, causata dall’ultima epidemia di influenza aviaria che ha colpito il Paese. Con 20 milioni di galline ovaiole abbattute solo nell’ultimo trimestre del 2024, la disponibilità di uova è crollata, facendo schizzare il prezzo fino a 8 dollari per una dozzina. E il Veneto, da sempre una delle regioni leader del settore avicolo italiano, è tra i primi territori a cui gli americani si sono rivolti per un possibile approvvigionamento.
Tuttavia, anche in Italia la situazione è critica. Il virus ha colpito duramente il comparto avicolo, con 4 milioni di galline ovaiole abbattute su un totale di 41 milioni, pari a una perdita del 10% della produzione nazionale di uova. "Siamo già al limite con la produzione interna e non possiamo garantire ulteriori forniture all’estero", spiega Michele Barbetta, allevatore padovano e presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto.
L'Italia produce circa 14 miliardi di uova l’anno, di cui 2 miliardi solo in Veneto, regione in cui il comparto avicolo conta oltre 250 allevamenti di galline ovaiole con più di 250 capi. Un settore strategico, ma messo a dura prova dalla crisi sanitaria. "Le aziende stanno ripartendo – continua Barbetta – ma l’aviaria ha colpito anche la produzione di pulcini. Per rimettere in piedi un allevamento e tornare a pieno regime servono almeno sei mesi, perché questo è il tempo necessario affinché un pulcino diventi produttivo".
Se a tutto questo si aggiunge la possibilità di una nuova ondata epidemica in autunno, lo scenario per il settore avicolo resta altamente incerto. "Se il virus tornerà a diffondersi, saremo punto e a capo", conclude Barbetta.
La situazione statunitense è talmente critica da spingere gli operatori d’oltreoceano a cercare rifornimenti in Italia e in Europa. "Mi fa piacere che gli USA si rivolgano al Veneto, che con 6.300 aziende e un fatturato annuo di 700 milioni di euro è una punta di diamante del settore", dichiara l’assessore regionale all’Agricoltura, Federico Caner. "Noi, in un’economia globale, forniamo volentieri il nostro prodotto, anche se la situazione qui non è semplice".
Ma l'assessore coglie l'occasione per mandare un messaggio chiaro agli Stati Uniti, che in passato hanno spesso imposto dazi sulle importazioni agroalimentari: "Questa crisi dimostra, una volta di più, che il mercato è mondiale e senza confini. È bene che gli USA se ne ricordino, soprattutto quando parlano di barriere commerciali".
La preoccupazione per le conseguenze della crisi aviaria non riguarda solo la disponibilità di uova, ma anche le ripercussioni economiche e sanitarie. Il settore avicolo attende ancora i risarcimenti per le epidemie passate, mentre gli allevatori chiedono certezze per affrontare il futuro.
Caner, con un tono tra il serio e il provocatorio, chiude con un commento sulle possibili esportazioni: "Oltre alle uova, potremmo spedire agli americani anche gli asparagi e il vespaiolo, un’ottima combinazione per una dieta equilibrata". Ma poi torna alla questione sanitaria: "Spero che certe dichiarazioni recenti, secondo cui bisognerebbe lasciar diffondere l’aviaria per selezionare specie resistenti, non trovino seguito. Questa è un’emergenza globale e va affrontata con un fronte comune, senza soluzioni avventate".
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