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A Ginecologia il premio cortesia

Un riconoscimento per l'approccio umano e la qualità del trattamento ricevuto dai pazienti

CHIOGGIA - Un riconoscimento importante per l’ospedale Madonna della Navicella di Chioggia, che ha vinto il Premio Cortesia per il reparto di “Ginecologia” durante la prima edizione dell’iniziativa promossa dall’Ulss 3 Serenissima.

Il premio, conferito a seguito di un sondaggio che ha coinvolto oltre tremila pazienti, non ha premiato l’eccellenza medica, ma piuttosto la qualità della cortesia e delle attenzioni ricevute dai degenti durante il ricovero. Il reparto di ostetricia e ginecologia di Chioggia, guidato dal dottor Luca Bergamini, ha conquistato il primo posto grazie alla sensibilità e all’approccio umano riservato ai pazienti.

La competizione, che ha visto il coinvolgimento di circa settanta reparti ospedalieri, ha valutato aspetti come l’accoglienza, il trattamento ricevuto, la comunicazione con il personale sanitario e la rapidità nel rispondere alle richieste dei degenti. Un aspetto fondamentale per il successo del reparto è stata anche la possibilità per i pazienti di segnalare operatori sanitari che si sono distinti per il loro comportamento cortese.

Oltre al primo posto in ginecologia, l’ospedale di Chioggia ha ottenuto ottimi risultati anche con il reparto di Medicina Interna, che ha conquistato il secondo posto, sotto la guida del dottor Giorgio Cavallarin, e con il reparto di Pediatria, che ha ottenuto il terzo posto, guidato dal dottor Andrea Cattarozzi.

“Abbiamo deciso di chiamarlo Premio cortesia, che ha celebrato anche i secondi e i terzi reparti classificati per ogni presidio ospedaliero - dice il direttore sanitario dell’Ulss 3 Serenissima Giovanni Carretta -. È il suggello di un progetto che guarda all’umanizzazione delle cure come ad uno dei principi cardine che medici, infermieri e personale sanitario tutto non dovrebbero mai perdere di vista. Ci concentriamo costantemente sull’assicurare prestazioni d’eccellenza in tutte le specialità, e questo deve sempre rimanere e crescere, ma non dobbiamo mai dimenticarci della persona che stiamo curando, nella sua interezza. Il ricordo che il degente spesso porta a casa dopo un ricovero, infatti, non è l’intervento subito o la terapia corretta individuata per lui, ma i sorrisi e il conforto ricevuto in quei giorni lunghi e difficili”.

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