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Interviste
06.05.2025 - 16:45
CHIOGGIA - Nella primavera del 1975 a Milano Sergio Ramelli fu vittima di un’aggressione che lo portò alla morte un mese e mezzo dopo. Nicola Boscolo Pecchie, del direttivo di Chioggia di Fratelli d’Italia afferma che Ramelli “non era propriamente un militante: era un ragazzo che aveva simpatie per l’MSI, ma non aveva cariche, non fece molto di più della distribuzione di qualche volantino”.
Ramelli fu ucciso per aver scritto un tema in classe in cui esponeva il suo punto di vista, contrario all'azione delle Brigate Rosse: “con la connivenza del corpo docente, venne additato come fascista. Poi venne aggredito da dei facinorosi con delle chiavi inglesi, causando così la morte, avvenuta dopo un mese e mezzo per le gravi ferite al cranio.” Ramelli, afferma Pecchie, “è il simbolo della caccia al fascista che è avvenuta dal 1972 al 1983, che provocò molte morti tra cui i fratelli Mattei, Mazzola e Giralucci. Una caccia iniziata da quando l’MSI vide crescere il suo numero di voti e i cui motivi sono da ritrovarsi in ambito puramente politico”.
Fratelli d’Italia, su iniziativa di Pecchie e del segretario di Circolo Massimiliano Tiozzo pensano di ricordare Ramelli a mezzo secolo dal suo assassinio con una serie di iniziative: “vorremmo presentare dei libri, come quelli di Culicchia e Giraudo, realizzare una mostra e chiedere di dedicare a lui un’area pubblica in zona San Felice, il Belvedere Sergio Ramelli”. Nel libro di Giuseppe Culicchia sulla storia di Ramelli si parla di dolore personale e di necessità di una pacificazione sociale: “la madre di Ramelli, che ne parlò per decenni, non ebbe mai parole di odio contro i suoi aggressori o i movimenti politici che rappresentavano. Noi crediamo che ciò che è accaduto a Ramelli sia il simbolo di un clima di odio che non deve più tornare”.
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