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CAVARZERE
21.06.2025 - 12:56
CAVARZERE - Licenziamenti collettivi e cessazione d’attività: è questo lo scenario che si presenta nuovamente nel settore tessile di Cavarzere. Giovedì 19 l’azienda Fashion Star, guidata da Jie Yongshi e attiva da circa due anni con collaborazioni con marchi di primo piano, ha consegnato le lettere di licenziamento alle circa venti lavoratrici impiegate, annunciando la chiusura definitiva dell’impresa a partire dal prossimo 30 giugno.
La notizia, che si inserisce in un quadro già critico per il comparto locale, ha suscitato la dura reazione della Femca Cisl Venezia, la federazione dei lavoratori dell’energia, moda, chimica e affini. Il segretario generale Francesco Coco denuncia un fenomeno ormai consolidato: quello delle aziende che aprono e chiudono nel giro di pochi anni, con cadenza biennale o triennale, lasciando dietro di sé precarietà e disoccupazione.
“Da anni – afferma Coco – denunciamo questa anomalia, lanciando appelli e proposte sia alle istituzioni locali che agli organi competenti. Ma la situazione resta invariata”. Secondo il sindacato, esiste un meccanismo ormai strutturato che consente alle imprese di scaricare sulla collettività i costi di gestione dei fallimenti. Una prassi che, nel caso di Fashion Star, si è manifestata anche nel rifiuto di ricorrere agli ammortizzatori sociali nei momenti di crisi.
“Quando sarebbe stata necessaria la cassa integrazione – spiega – l’azienda ha preferito promettere il pagamento diretto degli stipendi, pur di evitare la procedura. Un film già visto in passato”. A rendere la situazione ancor più pesante è che molte delle dipendenti oggi licenziate avevano già vissuto precedenti esperienze aziendali finite con fallimenti. Per la Femca Cisl si tratta di una nuova tegola su una realtà produttiva già fragile.
“Ci chiediamo – prosegue – perché nella stessa area continuino ad aprire e chiudere imprese in modo così sistematico. Le aziende committenti sono a conoscenza di questo sistema”. Negli ultimi anni, secondo i dati riportati dal sindacato, il territorio ha perso circa il 60% delle aziende tessili. Una tendenza che sta contribuendo a rendere sempre meno attrattivo il settore, colpendo duramente sia il mercato del lavoro che la fiducia delle nuove generazioni.
“I giovani – conclude Coco – non credono più in un mestiere che pure ha una grande dignità, ma che da anni viene minato da instabilità e incertezza. Anche questa è una forma strutturata di precarietà, e va affrontata seriamente dagli organi competenti”.
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