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ULSS 3 SERENISSIMA
30.06.2025 - 12:25
VENEZIA - Assunti lo scorso novembre, ora hanno un ufficio più grande, gestiscono 300 telefonate al giorno, da tre sono diventati nove e uno di loro è stato promosso oltre le sbarre, ritrovandosi con la stessa mansione all'ospedale dell'Angelo di Mestre.
Il gruppo di telefonisti detenuti nel carcere maschile veneziano di Santa Maria Maggiore è diventato fiore all'occhiello dell'intero sistema di prenotazioni Cup dell'azienda sanitaria veneziana: 20 mila telefonate dall'esordio, diventate ora 5.500 al mese e 300 al giorno, gestite in due turni giornalieri di quattro ore ciascuno. Gli impiegati stati selezionati tra i circa 270 ospiti della struttura. Sono tutti italiani, tra i 25 e i 45 anni. Molti di loro sono laureati e con elevate competenze informatiche utili a svolgere la loro mansione, avendo a che fare quotidianamente con agende di prenotazioni elettroniche. Tutti, via via, vengono inquadrati a tempo indeterminato.
A Novembre la Casa circondariale di Santa Maria Maggiore aveva individuato un locale al suo interno, poi l'Ulss 3 Serenissima, assieme al consorzio che ha in gestione il servizio di prenotazione, lo ha attrezzato e reso operativo, trasformandolo in una vera piccola sede distaccata del Cup: rete interna aziendale, linea, macchinari, computer, software e agende per gli appuntamenti. Ora i nove si trasferiscono in un ufficio ancora più grande, sempre all'interno del carcere, eccetto uno, già promosso all'ufficio Cup dell'ospedale di Mestre.
"Per noi relazionarci con il mondo fuori è motivo di entusiasmo, e quando poi, soprattutto con gli utenti anziani, riusciamo a rispondere alle loro richieste d'aiuto, diventa gioia vera - dice uno di loro -. Questo lavoro ci ricollega alla società, e la gratificazione che abbiamo dagli utenti stessi ci esorta non solo a fare sempre meglio il nostro lavoro, ma anche a vivere meglio il carcere. Quando finiamo il turno abbiamo in noi il senso di aver fatto bene il nostro lavoro e l'entusiasmo di essere impegnati in qualcosa di utile anche il giorno dopo".
"Da quando abbiamo questo lavoro andiamo a letto prima alla sera per essere più concentrati nell'attività, e abbiamo la voglia di portare il sano anche nel resto delle ore che trascorriamo qui - dice un secondo -. Non viviamo più, la vita carceraria, alla giornata: abbiamo uno scopo. Quando lavoriamo ci sembra di essere fuori dal carcere, di avere una possibilità di riscatto che non possiamo perdere".
"Il nostro responsabile, con la sua umanità e la sua capacità di relazionarsi a noi, senza pregiudizio, ha contribuito a creare un contesto che invoglia a lavorare e che ci fa essere pronti e aperti ad eventuali surplus di lavoro - dice un terzo -. Non ci spaventa lavorare di più, ci spaventa non avere un obiettivo".
"La sanità ha la funzione importante di curare, ma curare significa prendere per mano la persona - spiega il direttore generale dell'Ulss 3 Serenissima Edgardo Contato -. Salute è stato di benessere fisico, psichico e anche sociale. E in questo la detenzione non deve essere esclusione, ma tentativo di riallinearsi con il mondo che è pronto ad accogliere fuori. Deve essere momento di crescita. Il Cup diventa una finestra del carcere che si apre verso l'esterno. È un contatto con l'esterno in una fase di riappacificazione con la comunità. E la finestra ora è spalancata anche per noi, perché questa è una sperimentazione che funziona sia in termini economici che sociali".
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