Vedi tutte
Veneto
23.08.2025 - 11:04
VENEZIA - Un esodo senza precedenti: è quello che si prepara a vivere il Veneto da qui ai prossimi cinque anni. Tra il 2025 e il 2029, poco più di 291mila lavoratori della regione – pari a circa il 13 per cento della forza lavoro – lasceranno definitivamente uffici, fabbriche e cantieri per andare in pensione. Numeri che delineano uno scenario di portata storica, con conseguenze sociali, economiche e occupazionali che rischiano di mettere in difficoltà interi settori produttivi.
La quasi totalità di queste uscite sarà dovuta al raggiungimento dei limiti d’età, ma non mancheranno anche casi di ritiro volontario, emigrazione all’estero, passaggio dal lavoro dipendente all’autonomo o, al contrario, abbandono dell’attività. Un vero e proprio svuotamento che colpirà l’intero Paese, ma che in Veneto assume un peso specifico rilevante. Lo confermano i dati elaborati dall’Ufficio studi della CGIA su base Excelsior-Unioncamere e Ministero del Lavoro, che mettono la regione al terzo posto in Italia per numero assoluto di addetti da sostituire, dopo Lombardia (567.700) e Lazio (305mila).
La situazione è particolarmente delicata per il settore privato: oltre la metà degli occupati che dovranno essere rimpiazzati in Veneto, pari a 164.400, appartengono infatti a questa categoria. In termini percentuali, il 56,5 per cento dei lavoratori dipendenti privati veneti sarà sostituito entro il 2029.
Il problema si intreccia con un’altra criticità: l’invecchiamento progressivo della forza lavoro. L’indice di anzianità, che misura il rapporto tra dipendenti under 35 e over 55, è salito in Italia dal 61,2 del 2021 al 65,2 del 2023. Significa che oggi, per ogni 100 giovani assunti, ci sono 65 lavoratori prossimi alla pensione. Un quadro che in Veneto non si discosta molto dalla media nazionale, con un indice pari al 62,7. Le cause? Pochi ingressi di giovani nel mercato del lavoro e permanenza prolungata di chi è in età avanzata, fattori che insieme innalzano la soglia di criticità.
Le conseguenze sono già sotto gli occhi degli imprenditori veneti, che da anni faticano a trovare manodopera, soprattutto per i settori manuali e specializzati. La situazione rischia di peggiorare: quando centinaia di migliaia di addetti esperti e qualificati andranno in pensione, le aziende si troveranno senza ricambio generazionale pronto. Questo, avvertono gli analisti, aprirà la strada a una vera e propria “guerra dei talenti”: le imprese dovranno contendersi i migliori lavoratori rimasti, a colpi di aumenti salariali e benefit, spesso con dinamiche simili a un ricatto reciproco tra datori di lavoro e dipendenti, in un mercato sempre più competitivo e spietato.
Se da un lato le regioni più grandi come Lombardia ed Emilia Romagna presentano quote importanti di lavoratori da sostituire, dall’altro le regioni minori risultano più esposte sul fronte dell’età media. In Basilicata l’indice di anzianità tocca l’82,7, in Sardegna l’82,2, in Molise l’81,2, mentre Abruzzo e Liguria si attestano poco sotto l’80. Il Veneto, insieme a Campania ed Emilia Romagna, presenta valori meno critici ma comunque elevati.
Il futuro, insomma, è segnato da una doppia sfida: sostituire i lavoratori che usciranno in massa e colmare il divario tra le competenze richieste dalle imprese e quelle effettivamente disponibili tra i giovani in cerca di occupazione. Perché senza soluzioni efficaci, tra pochi anni, il rischio è che il motore produttivo del Veneto – e dell’Italia intera – si trovi a corto di forza lavoro, proprio quando la ripresa economica avrebbe bisogno di energie nuove per consolidarsi.
©2024 CHIOGGIA NOTIZIE - P. Iva 01463600294 - Tutti i diritti riservati.
Email: redazione@chioggianotizie.it | Credits: www.colorser.it