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Cronaca

Pedinato durante i permessi 104: il Tribunale di Venezia annulla il licenziamento

Ordinato il reintegro e arretrati e disposto il pagamento di una somma pari all’ultima retribuzione mensile per tutto il periodo dal licenziamento

Pedinato durante i permessi 104: il Tribunale di Venezia annulla il licenziamento

Chioggia

CHIOGGIA - Una pattuglia di investigatori privati alle calcagna per giorni, persino nella vita privata, e poi la lettera di licenziamento. Ma per il Tribunale di Venezia quei controlli non potevano esistere: così un dipendente di un minimarket di Chioggia, allontanato nell’aprile 2024, è stato reintegrato e risarcito. La decisione, resa nota il 3 settembre 2025, mette un punto fermo su due temi cruciali per il lavoro: i limiti dei pedinamenti aziendali e il corretto utilizzo dei permessi ex legge 104/1992.


Il protagonista è un lavoratore con grave disabilità certificata, titolare dei permessi previsti dalla normativa. Il datore di lavoro lo ha accusato di aver usato alcune ore di permesso per recarsi negli uffici di un’agenzia assicurativa e svolgere un’attività diversa. Per suffragare il sospetto, l’azienda ha incaricato un investigatore privato di seguirlo, documentando gli spostamenti anche al di fuori dell’orario lavorativo.

Assistito dagli avvocati il lavoratore ha impugnato il licenziamento definendolo ingiusto e discriminatorio. La causa è stata decisa dalla giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Venezia, che ha accolto integralmente il ricorso.

La sentenza chiarisce due profili: - i limiti ai controlli: il ricorso a un’agenzia investigativa è ammesso solo per verificare sospetti concreti, non per un “accertamento esplorativo e indiscriminato volto a verificare se il lavoratore ponga in essere comportamenti illeciti o violativi degli obblighi contrattuali”.

I pedinamenti effettuati nel caso di Chioggia sono stati giudicati illegittimi, con conseguente inutilizzabilità delle prove raccolte; - l’uso dei permessi 104: il lavoratore non è obbligato a rimanere a casa e può utilizzare i permessi anche per esigenze di integrazione familiare o sociale.

Nel fascicolo emerge, tramite la testimonianza del titolare dell’agenzia assicurativa (amico dell’uomo), che il dipendente si recava in ufficio per trascorrere qualche ora in un ambiente sereno, assente nella propria abitazione. Partendo dall’illegittimità dei controlli, la giudice non è entrata nel merito di eventuali attività svolte durante i permessi. Ha inoltre qualificato il recesso come discriminatorio, poiché legato alla fruizione dei permessi ex legge 104/1992.

Il Tribunale ha annullato il licenziamento; ordinato la reintegrazione del dipendente; disposto il pagamento di una somma pari all’ultima retribuzione mensile per tutto il periodo dal licenziamento alla reintegra; condannato il datore di lavoro al rimborso di oltre 6mila euro per spese di lite.

La pronuncia ribadisce un principio utile a chi gestisce il personale: il controllo difensivo è legittimo solo se circoscritto e sorretto da elementi oggettivi e specifici. Non basta il mero sospetto; tanto meno è consentito estendere la vigilanza alla sfera privata senza un concreto fondamento. Sul fronte dei permessi 104, la decisione richiama la finalità ampia della norma, che tutela anche la dimensione sociale della persona con disabilità, non solo i momenti di cura. Un approccio sbilanciato sul sospetto espone l’azienda a elevati rischi giuslavoristici, tra cui la reintegra e i costi correlati.


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