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Filmare un borseggio è reato?

Quando intervenire può trasformarsi in un rischio legale

 Filmare un borseggio è reato?

VENEZIA - Nella città di Venezia, spesso sotto la lente per i fenomeni legati al turismo e alla sicurezza, si è sviluppato un paradosso inquietante che mette a dura prova i confini tra diritto, sicurezza e libertà individuale. Non è raro, infatti, che cittadini o turisti, nel tentativo di difendersi o proteggere gli altri da borseggiatori in azione, si trovino a filmare o segnalare i sospetti autori di furti. Quel che sembra un atto di civismo e giustizia, a volte si rovescia, finendo per scatenare una spirale legale inaspettata e sconcertante.

Il fenomeno vede presunti borseggiatori che reagiscono presentando denunce per diffamazione, molestie o violazione della privacy nei confronti dei cittadini o turisti che li hanno ripresi o sventati. È il mondo al contrario, dove chi prova a fare la cosa giusta rischia di ritrovarsi sotto processo.

La normativa italiana in materia di riprese e tutela della privacy  complessa e spesso poco conosciuta. Secondo il Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003) e il Regolamento Europeo GDPR, la ripresa di immagini o video di persone senza consenso può essere materia delicata. Nel contesto pubblico, infatti, è ammessa la registrazione per documentare fatti di interesse pubblico o illeciti, ma ciò può essere contestato se scaturisce in accuse di diffamazione o violazione della riservatezza, soprattutto se le immagini vengono diffuse senza garanzie di correttezza o modifica del contesto.

Nel caso specifico dei borseggiatori, che agiscono spesso in luoghi affollati come la stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia o nelle calli più frequentate, la situazione si complica: l'intervento diretto del cittadino o la registrazione del tentato furto con lo smartphone, accompagnati magari dall'urlo di avvertimento \"Attenzione pickpocket!\", possono attirare la rabbia del sospetto malfattore. Quest'ultimo potrebbe presentare querela per danni d'immagine o molestie, facendo leva sui limiti interpretativi del diritto a difesa e a documentare il reato.

In pratica, filmare un borseggio non è di per sé un reato, ma la modalità con cui si agisce può esporre a controversie. Se la registrazione viene pubblicata sui social media o diffusa senza cautela, rischia di configurare diffamazione. Inoltre, l'avvertimento vocale può essere interpretato come un'accusa diretta senza prove, e quindi anch'esso oggetto di denuncia per calunnia o diffamazione. La legge tutela il diritto all’informazione e alla sicurezza, ma anche la presunzione di innocenza deve essere rispettata.

Come fare dunque per muoversi nel mare insidioso di queste situazioni? La prima regola fondamentale è la prudenza: filmare per provare l'accaduto va fatto solo in modo discreto e preferibilmente limitato alle sole immagini necessarie a documentare il fatto. Si consiglia di segnalare immediatamente alle forze dell'ordine ogni sospetto, consegnando loro i materiali raccolti, e di evitare la diffusione autonoma dei video o appelli sui social. Un intervento diretto indisciplinato non solo può danneggiare la propria posizione, ma rischia di compromettere eventuali azioni legali contro il borseggiatore.

È altrettanto importante conoscere che la legge italiana riconosce il diritto-dovere di difesa personale e di soccorso, ma questo non si traduce in una libertà illimitata di azione nei confronti di chi si sospetta possa commettere un reato. La giurisprudenza ricorda che la denuncia spontanea o la testimonianza sarebbero la via più corretta e sicura, soprattutto per evitare di incorrere in querele incrociate, come dimostrano diversi casi di cronaca locale degli ultimi due anni.

Il quadro normativo italiano, infatti, è chiaro circa la tutela della privacy, ma la giurisprudenza non ignora i casi in cui la ripresa di immagini è finalizzata a impedire un crimine o raccogliere prove di un reato. Nel tumulto urbano veneziano, però, il bilanciamento tra questi diritti diventa estremamente fragile, con conseguenze pratiche difficili da prevedere per il cittadino comune.

Inoltre, le recenti tensioni sociali legate all'aumento dei borseggiatori nelle zone turistiche hanno portato anche a richieste di interventi più stringenti e a una maggiore attenzione da parte delle autorità, ma senza una legislazione specifica che tuteli in modo netto chi decide di intervenire o documentare in prima persona.

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