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ITALIA
18.09.2025 - 11:34
VENEZIA - Il 21 ottobre non è mai stato un giorno qualsiasi per Marty McFly. È la data che Doc Brown imposta sulla DeLorean per portare lui e Jennifer nel futuro, in quel 21 ottobre 2015 che nel secondo capitolo della saga mostrava automobili volanti, skateboard levitanti e scarpe che si allacciavano da sole. Dal 2015, quella giornata è diventata ufficialmente il “Ritorno al futuro day”, celebrata in tutto il mondo dai fan della trilogia firmata Robert Zemeckis. E quest’anno l’appuntamento ha un valore ancora più speciale: domenica 21 ottobre 2025, a quarant’anni dall’uscita del primo capitolo, il film del 1985 tornerà in sala in versione restaurata 4K, distribuito da Nexo Studios.
Un ritorno che permetterà a migliaia di spettatori di rivivere sul grande schermo la magia di un’opera che ha ridefinito i viaggi nel tempo al cinema, consacrando Michael J. Fox e Christopher Lloyd nei ruoli di Marty e Doc, insieme a personaggi indimenticabili come Jennifer, Biff e l’inseparabile cane Einstein. Dal debutto del 3 luglio 1985, Back to the Future ha incassato quasi 400 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando il maggior successo al botteghino di quell’anno, vincendo l’Oscar al miglior montaggio sonoro e guadagnandosi un posto nel 2007 nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Quarant’anni dopo, il mito resta intatto. Fan club, pagine social, convention e raduni dedicati alla DeLorean continuano a proliferare ovunque, a testimonianza di quanto la saga sia entrata nell’immaginario collettivo. Non a caso, Ritorno al futuro è stato citato persino da presidenti americani come Ronald Reagan e da blockbuster contemporanei come Avengers: Endgame, che lo hanno riconosciuto come punto di riferimento imprescindibile per qualsiasi storia di viaggi temporali.
E dire che all’inizio il progetto sembrava un azzardo. L’idea nacque da Bob Gale, che un giorno si imbatté nell’annuario scolastico del padre e si chiese se, tornando indietro nel tempo, sarebbe mai stato amico di lui da ragazzo. Quel seme si trasformò in una sceneggiatura in grado di fondere commedia, fantascienza e sentimento, ma che per anni nessuno studio volle produrre. Troppo innocente per i produttori di commedie adolescenziali stile Porky’s, troppo audace per Disney, che non poteva accettare l’idea di una madre innamorata del figlio senza saperlo. Solo l’intervento di Steven Spielberg e la Universal riuscirono a sbloccare il progetto.
Anche il casting fu tutt’altro che lineare. Zemeckis e Gale avevano pensato da subito a Michael J. Fox per il ruolo di Marty, ma i suoi impegni televisivi con la sitcom Casa Keaton spinsero la produzione a ingaggiare Eric Stoltz. Dopo quattro settimane di riprese, però, il regista capì che non funzionava: il film rischiava di non decollare. Così, nonostante un aumento di tre milioni di dollari sui quattordici di budget iniziale, Zemeckis decise di cambiare strada. Fox accettò, lavorando a ritmi estenuanti: di giorno sul set della sitcom, di notte e nei weekend in quello del film. Una fatica che si trasformò in leggenda.
Il resto è storia: battute entrate nel linguaggio comune, invenzioni immaginarie che hanno influenzato il design e la tecnologia reali, e una trilogia che, con le sue due appendici del 1989 e 1990, continua a essere tramandata di generazione in generazione.
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