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23.09.2025 - 13:03
VENEZIA - Con l’arrivo dell’autunno, è tempo di bilanci sull’inquinamento atmosferico registrato durante l’estate appena trascorsa in Pianura Padano-Veneta, una delle aree più colpite in Europa. I dati sulle concentrazioni di ozono, in particolare, mostrano una situazione critica in gran parte della pianura, con picchi che hanno superato i valori limite fissati dalle normative europee e dagli obiettivi di tutela della salute.
L’ozono, un inquinante fotochimico prodotto dalla reazione tra gli ossidi di azoto e il metano sotto l’azione della radiazione solare, è noto per la sua tossicità sia per l’uomo sia per l’ambiente: può provocare danni alle vie respiratorie e ai tessuti vegetali, compromettendo anche le coltivazioni. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, i danni economici annuali causati dall’ozono sulle produzioni agricole europee ammontano a circa 2 miliardi di euro, mentre in Italia si stimano 13mila morti premature correlate agli effetti dell’inquinante.
Diversamente da altri inquinanti in calo negli ultimi anni, l’ozono rimane in crescita, principalmente a causa dei precursori che ne favoriscono la formazione. Tra questi, gli ossidi di azoto (NOx) derivanti dal traffico veicolare sono in progressiva riduzione, mentre il metano è in aumento, soprattutto per le emissioni agricole e dagli allevamenti intensivi, dai liquami zootecnici e dalle discariche. Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, regioni caratterizzate da una forte presenza di allevamenti bovini, rappresentano da sole il 70% delle emissioni nazionali di metano da questa fonte.
“Il metano non è solo un gas climalterante, ma anche un potente inquinante atmosferico – spiega Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto e coordinatore della campagna nazionale 'Fattore Biometano' –. È urgente ridurne le emissioni, migliorando la gestione dei reflui zootecnici e promuovendo impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano agricolo. Solo così si potrà tutelare la salute dei cittadini e contribuire agli obiettivi climatici internazionali”.
I limiti di legge per l’ozono comprendono la soglia di informazione, fissata a 180 mg/m³, che obbliga all’informazione della cittadinanza, e la soglia di allarme, a 240 mg/m³, che richiede misure immediate di limitazione. Gli obiettivi di media oraria su otto ore (MM8) raccomandati dall’OMS sono pari a 100 mg/m³, mentre la normativa europea consente fino a 120 mg/m³ con un massimo di 25 giorni/anno di superamento, destinato a scendere a 18 entro il 2030 e a zero entro il 2050.
Nell’estate 2025, Bergamo è risultata la città più critica con 77 giorni di superamento dei valori obiettivo, seguita da capoluoghi lombardi occidentali come Lecco, Milano, Pavia e Cremona, dai principali centri emiliani (Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Parma) e da alcune province piemontesi. Al contrario, Sondrio, Belluno, Ravenna e Rimini, insieme a Bologna, hanno registrato livelli più contenuti.
Per quanto riguarda i superamenti puntuali della soglia di informazione, 27 dei 36 capoluoghi monitorati hanno fatto registrare concentrazioni critiche, con episodi di allarme in Pavia e in alcuni comuni del Milanese. “In Veneto la situazione appare meno allarmante, ma siamo ancora lontani dai valori obiettivo e dagli standard del 2030 – conclude Lazzaro –. La qualità dell’aria richiede un impegno costante e coordinato tra le regioni del Nord, considerando che gli inquinanti non conoscono confini e le condizioni orografiche della Pianura Padana favoriscono il ristagno dello smog, con effetti significativi sulla salute pubblica”.
Secondo gli esperti, la riduzione dei precursori dello smog fotochimico, in particolare del metano agricolo e fossile, resta la chiave per invertire la rotta e migliorare la qualità dell’aria, proteggendo la popolazione e l’ambiente.
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