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Inverno demografico: sei milioni di pensionamenti in arrivo

Entro il 2060, la popolazione attiva si ridurrà del 34%, mettendo a rischio crescita e welfare

Italia di fronte all’inverno demografico: sei milioni di pensionamenti in arrivo

VENEZIA - Nei prossimi dieci anni, sei milioni e centomila persone lasceranno il lavoro per pensionamento, ma non ci sono abbastanza giovani disponibili a sostituirle. Lo ha sottolineato Natale Forlani, presidente dell’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla transizione demografica. La dinamica demografica in corso, secondo l’esperto, rischia di avere effetti profondi sulla crescita economica, sul sistema di welfare e sulla sostenibilità della spesa pubblica.

I dati dell’Inapp indicano che entro il 2060 la popolazione in età da lavoro, ossia tra i 20 e i 64 anni, si ridurrà del 34%. Una contrazione significativa che mette in evidenza la necessità di interventi mirati per rigenerare la popolazione attiva e rendere sostenibile la spesa sociale. Già oggi emergono segnali concreti: l’indice di dipendenza demografica è in crescita, il reperimento di personale qualificato diventa sempre più difficile e la spesa pensionistica potrebbe arrivare fino al 17% del Pil entro il 2040. Parallelamente, oltre quattro milioni di over 65 risultano non autosufficienti e necessitano di assistenza continuativa.

Forlani sottolinea che prolungare semplicemente l’età del pensionamento e limitare le possibilità di uscita anticipata non rappresenta una soluzione sufficiente. Secondo l’Inapp, la priorità è rigenerare la popolazione attiva, favorendo l’ingresso nel mercato del lavoro di donne, giovani, anziani ancora attivi e immigrati regolari, e rendere sostenibile la spesa sociale. A tal fine, è necessario differenziare le politiche per la terza età, distinguendo tra anziani attivi e non autosufficienti, rafforzare i servizi di prossimità e riformare l’assistenza, con particolare attenzione al settore della cura, definito da Forlani uno snodo cruciale per lo sviluppo economico e occupazionale.

Il quadro appare ulteriormente complesso se si considerano i dati relativi alla partecipazione femminile al mercato del lavoro: in Italia sono 7,8 milioni le donne tra i 15 e i 64 anni inattive, di cui oltre 1,2 milioni disponibili a lavorare. Al Sud, la quota di donne inattive ma disponibili supera il 23% in regioni come Campania e Sicilia, e molte accetterebbero anche salari molto bassi, inferiori ai mille euro mensili. Tuttavia, più elevato è il titolo di studio, maggiore è l’aspettativa di un impiego coerente con le proprie competenze e con il salario desiderato. Tra le donne inattive con figli, le madri mostrano una maggiore disponibilità a compromessi pur di rientrare nel mondo del lavoro, evidenziando come i fattori familiari e di cura rappresentino un ostacolo determinante.

Tra le misure indicate per incentivare la permanenza nel mercato del lavoro degli anziani, Forlani cita la formazione continua, la gestione flessibile dell’età lavorativa, il rafforzamento della sicurezza sul lavoro e la valorizzazione dell’esperienza dei lavoratori maturi. La tecnologia viene considerata un alleato strategico per aumentare la produttività e generare nuove opportunità occupazionali. L’obiettivo è affrontare il cosiddetto “inverno demografico” attraverso interventi mirati alla cura, alla formazione e all’inclusione, rendendo il sistema più resiliente.

Sul fronte delle pensioni, la rivalutazione per il 2026 potrebbe richiedere risorse pari a circa cinque miliardi di euro, considerando gli adeguamenti in base ai redditi pensionistici. Secondo i dati diffusi ad agosto, l’inflazione acquisita per il 2025 è dell’1,7%, e la spesa totale prevista per pensioni e prestazioni assistenziali ammonta a circa 355 miliardi di euro. Applicando l’indicizzazione a tutta la spesa, le risorse necessarie supererebbero i sei miliardi, ma considerando le fasce di reddito, la cifra si ridurrebbe a circa cinque miliardi.

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