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16.10.2025 - 17:08
VENEZIA – Sessantacinque punti di dispersione di metano oltre i limiti di sicurezza su circa 15 mila misurazioni effettuate in Veneto. È quanto emerge dal report regionale di Legambiente, che ha toccato le province di Rovigo, Padova, Vicenza e Venezia nell’ambito della campagna nazionale “C’è puzza di gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”.
Tra impianti di regolazione e misura e stazioni di valvola, i tecnici dell’associazione ambientalista hanno controllato 14 infrastrutture del gas tra il 6 e l’8 ottobre, individuando 65 punti con concentrazioni superiori a 500 ppm, la soglia oltre la quale il Regolamento europeo impone ai gestori di intervenire per chiudere le perdite.
Nel complesso, Legambiente ha analizzato 14.641 punti di misura validi, concentrandosi su elementi come flange, valvole, tubature e sfiati. Quasi la metà (48,2%) ha registrato valori superiori a 10 ppm, un livello che indica la presenza di dispersioni. Solo il 51,9% delle rilevazioni è risultato “irrilevante”.
«Il metano pesa sempre di più sul clima – spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente –. Se nel 1990 rappresentava l’11% delle emissioni di gas serra, oggi ha raggiunto il 14%. Indebolire il Regolamento europeo sulle perdite sarebbe un passo indietro che non possiamo permetterci».
Eroe sottolinea inoltre la necessità di “regole più stringenti e controlli puntuali”: «Le perdite lungo la filiera – avverte – non solo danneggiano il clima, ma rappresentano anche uno spreco di risorsa energetica che finisce per pesare sulle bollette dei cittadini».
Dai monitoraggi emergono alcune criticità particolarmente significative.
Adria (Rovigo) risulta l’impianto con il numero più alto di sforamenti: 31 punti oltre i 500 ppm su 241 misurazioni. Le flange della stazione di valvola hanno fatto segnare concentrazioni medie di 659 ppm, con oltre l’11% dei rilievi classificati di livello “alto” (superiori a 1.000 ppm).
Campodarsego (Padova) mostra dispersioni di livello medio nel 19,8% dei casi, in particolare su piccole valvole e una flangia.
Mirano (Venezia) registra 15 superamenti della soglia su due elementi analizzati, con concentrazioni medie intorno ai 140 ppm.
Altri punti di dispersione si trovano a Villadose (RO), Noventa Padovana (PD), Grisignano di Zocco e Montegaldella (VI) e Marghera (VE), dove è stato rilevato almeno un superamento oltre 500 ppm.
«Tante piccole dispersioni, sommate tra loro, equivalgono a una perdita enorme – avverte Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto –. Non solo in termini di emissioni climalteranti, ma anche economici: il gas disperso è una risorsa sprecata che ci costringe a importazioni aggiuntive e contribuisce all’aumento delle bollette. Servono controlli costanti e interventi tempestivi».
Il metano è un gas serra fino a 86 volte più potente della CO₂ nei primi 20 anni di permanenza in atmosfera ed è responsabile, secondo l’IPCC, di oltre un terzo del riscaldamento globale. Le perdite lungo la filiera fossile non solo aggravano la crisi climatica, ma contribuiscono alla formazione di ozono troposferico, dannoso per la salute e l’agricoltura.
Ridurne le emissioni, ricorda Legambiente, significherebbe evitare fino a 70 mila morti premature ogni anno nell’Unione europea e danni agricoli stimati in oltre 2 miliardi di euro.
Le misurazioni sono state effettuate con un “naso elettronico” che rileva le concentrazioni di metano attraverso l’assorbimento di raggi infrarossi. Le soglie di riferimento classificano i valori fino a 10 ppm come irrilevanti, tra 10 e 100 ppm come bassi, tra 100 e 1.000 ppm come medi e oltre 1.000 ppm come alti.
La tappa veneta rientra nella campagna nazionale “C’è puzza di gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, promossa da Legambiente con il supporto di Environmental Investigation Agency nell’ambito della Methane Matters Coalition. Dopo le tappe in Basilicata, Piemonte, Campania, Marche e Lombardia, la campagna proseguirà in Umbria e Calabria.
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