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Teneva lezioni contro i pericoli del web ma aveva foto di minori nel pc

Condannato per pedopornografia online un ingegnere di 55 anni

Teneva lezioni contro i pericoli del web ma aveva foto di minori nel pc

VENEZIA - Faceva lezione agli allievi delle scuole della Riviera del Brenta, nel Veneziano, con l’obiettivo di metterli in guardia dai rischi della rete. Dietro questa facciata, tuttavia, nascondeva una verità sconcertante: nei suoi dispositivi sono stati rinvenuti circa quattromila file di natura pedopornografica. Nei giorni scorsi, l’uomo, un ingegnere di 55 anni, ha patteggiato una pena di due anni di reclusione con il rito abbreviato, sospesa a condizione che prosegua il percorso psicologico già intrapreso e svolga sei mesi di lavori di pubblica utilità.

Durante il processo, celebrato davanti alla giudice per le indagini preliminari di Venezia l’ingegnere ha inoltre devoluto mille euro a onlus che si occupano dei diritti dei minori. L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero e condotta dalla polizia postale, ha portato inizialmente all’arresto in carcere dell’uomo, poi agli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori, con cui convive. Non ha mai intrattenuto relazioni stabili e non sono emersi contatti diretti con minori: tutto si sarebbe svolto esclusivamente nel mondo virtuale.

La vicenda ha suscitato grande sconcerto, soprattutto perché l’ingegnere si era presentato pubblicamente come relatore per sensibilizzare i giovani sui pericoli della rete, assumendo così un ruolo di fiducia verso gli studenti. Gli investigatori hanno definito la situazione «il perfetto manuale del pedofilo online», evidenziando il contrasto tra il suo ruolo pubblico e le attività illecite.

Gli avvocati della difesa hanno sottolineato la collaborazione del loro assistito durante le indagini, consentendo perquisizioni nei locali dei genitori e intraprendendo un percorso psicologico già un anno prima dell’inchiesta. Hanno definito la pena patteggiata «una misura utile a riflettere».

L’ingegnere, che in udienza ha dichiarato di lavorare come sviluppatore per società di web e telefonia di primissimo piano, non ha spiegato le motivazioni alla base dell’accumulo di immagini pedopornografiche né la partecipazione a chat dedicate, circostanze che avevano fatto scattare l’allarme iniziale.

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