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Evasione fiscale, il Veneto tra le regioni più virtuose

ll mancato gettito a 7,9 miliardi

Evasione fiscale, il Veneto tra le regioni più virtuose

VENEZIA -  Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2022 l’evasione fiscale in Italia ha raggiunto i 102,5 miliardi di euro. Sulla base delle informazioni relative all’economia non osservata nelle singole regioni, l’Ufficio studi della CGIA ha elaborato una ripartizione territoriale del mancato gettito, calcolando per ciascuna area la propensione all’evasione, ovvero il rapporto tra la ricchezza prodotta e l’imponibile sottratto al fisco.

Le regioni con l’incidenza più elevata sono Calabria (20,9%, pari a 3,1 miliardi evasi), Puglia (18,9%, 6,8 miliardi) e Campania (18,5%, 9,4 miliardi). All’estremo opposto si collocano la Provincia autonoma di Trento, con una propensione del 9,7%, la Lombardia all’8,8% e la Provincia autonoma di Bolzano, che registra il valore più basso d’Italia, pari all’8,4%. Il Veneto si posiziona al quintultimo posto a livello nazionale, con un’incidenza del 10,3%.

Osservando i dati in termini assoluti, sono le regioni più popolose e produttive a presentare i volumi maggiori di evasione: la Lombardia guida la classifica con 16,7 miliardi di mancato gettito, seguita dal Lazio con 11,4 miliardi, dalla Campania con 9,4 miliardi e da Veneto ed Emilia-Romagna, entrambe con 7,8 miliardi.

La CGIA sottolinea come, in un contesto in cui ciclicamente si torna a discutere di una possibile patrimoniale, sia più efficace intervenire sul contrasto all’evasione fiscale e sulla razionalizzazione della spesa pubblica. Le imposte patrimoniali, ricorda l’associazione, sono già presenti nel sistema tributario italiano e nel 2024 hanno generato un gettito complessivo di 51,2 miliardi di euro, in aumento del 74% rispetto a vent’anni fa. Secondo le stime, dai soli contribuenti veneti derivano circa 5 miliardi di euro di imposte patrimoniali.

Sul fronte della pressione fiscale, il Documento programmatico di finanza pubblica 2025 prevede per quest’anno un valore del 42,8%, superiore di 0,3 punti percentuali rispetto al 2024 e di 1,1 punti rispetto al 2022, l’anno precedente all’insediamento del governo Meloni. Tuttavia, secondo l’analisi della CGIA, ciò non corrisponde a un aumento del carico fiscale sulle famiglie. L’andamento è influenzato, tra gli altri fattori, dal meccanismo con cui è stato attuato il taglio del cuneo fiscale: una parte della riduzione è contabilizzata non come minori imposte, ma come maggiore spesa pubblica, incidendo così sul calcolo della pressione fiscale complessiva.

A determinare l’aumento dell’indicatore contribuiscono inoltre la crescita dell’occupazione, i rinnovi contrattuali che hanno portato a un incremento delle retribuzioni, e l’effetto di alcune misure che hanno inciso sulle imprese, tra cui la sospensione della deducibilità di specifiche categorie di costi e l’abrogazione dell’Aiuto alla Crescita Economica (ACE), provvedimenti che coinvolgono circa 1,5 milioni di società di capitali, pari al 35% delle imprese italiane.

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