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ITALIA
20.11.2025 - 16:49
VENEZIA - Il tema del canone Rai torna ad animare la maggioranza. La Lega ha presentato un emendamento alla Manovra, in versione riformulata e inserito tra i segnalati del gruppo, con cui chiede di ripristinare la riduzione dell’importo annuale da 90 a 70 euro. La proposta mira a recuperare la norma introdotta nella Legge di bilancio 2024, poi abrogata dal decreto legislativo del 5 novembre 2024, n. 174. Nel testo, anticipato da La Repubblica e Il Messaggero, si chiede di modificare l’articolo 1, comma 19, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, sostituendo le parole “per l’anno 2024” con “per l’anno 2026”, così da riproporre già dal prossimo anno l’importo più basso.
La reazione di Forza Italia è arrivata immediatamente. Il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, ha respinto nettamente la proposta: «Ritengo che l’ammontare del canone Rai vada mantenuto per un equilibrio di mercato». Gasparri ha ricordato come, in passato, una riduzione del canone fosse stata compensata con risorse del Tesoro: «È una partita di giro che non serve a niente. Il servizio pubblico deve avere certezza di risorse, come prevede l’European Media Freedom Act. Questo emendamento non è in linea con la direttiva».
La Lega, comunque, insiste. Nel 2024 il canone era stato effettivamente abbassato a 70 euro, ma la misura si era rivelata insostenibile per i conti dell’azienda, tanto che nel 2025 si è tornati ai 90 euro. Ora il Carroccio punta a riproporre il taglio, alleggerendo di 20 euro la spesa per le famiglie e cercando di dimostrare che il minore introito può essere assorbito senza compromettere il servizio pubblico.
Il nodo più critico resta, però, quello delle coperture. Secondo le stime, sarebbero necessari circa 430 milioni di euro, che l’emendamento indica di reperire riducendo il Fondo per interventi strutturali di politica economica. Un’operazione complessa per una Manovra definita “conservativa” dallo stesso governo Meloni, che dispone complessivamente di 18,4 miliardi, ben lontani dai quasi 30 miliardi sulle ultime Leggi di bilancio. Sulle priorità, inoltre, gli alleati non sono allineati: più volte Antonio Tajani ha sottolineato che risorse aggiuntive, se disponibili, andrebbero destinate a sanità o pensioni minime. L’anno scorso lo scontro interno arrivò fino al voto, con Forza Italia schierata insieme alle opposizioni per bloccare il taglio, poi effettivamente cancellato per il 2025. La premier Giorgia Meloni liquidò la questione come «schermaglie», ma la tensione politica non è mai davvero rientrata.
Una posizione critica è arrivata anche dal sindacato Unirai, che rappresenta i giornalisti del servizio pubblico. In una nota ha avvertito che ridurre le risorse significherebbe mettere a rischio la stabilità finanziaria della Rai in un momento in cui gli obblighi di legge aumentano. «Il Contratto di Servizio 2023-2028 e il Media Freedom Act richiedono pluralismo, produzione culturale, informazione di qualità e investimenti certi: impegni che non possono dipendere da tagli episodici», afferma il sindacato. Una copertura tramite fiscalità generale sarebbe comunque provvisoria e vulnerabile ai cambi di maggioranza, senza la solidità necessaria per programmare investimenti industriali. «Serve una riforma moderna e strutturale del canone, non interventi che indeboliscono il servizio pubblico», conclude Unirai.
Intanto, sul piano tecnico-normativo, l’Agenzia delle Entrate ricorda che il canone è dovuto da chiunque detenga un apparecchio televisivo e si paga una sola volta per nucleo familiare residente nella stessa abitazione. Anche i cittadini residenti all’estero sono tenuti al versamento se dispongono in Italia di un immobile con televisore. In situazioni specifiche è possibile presentare una dichiarazione sostitutiva per evitare l’addebito in bolletta o comunicare il diritto all’esenzione. Il pagamento avviene tramite addebito in dieci rate mensili sulle fatture elettriche, da gennaio a ottobre; qualora la famiglia non disponga di un contratto elettrico domestico residenziale, l’importo va versato tramite modello F24 entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento.
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