Cerca

Elezioni Regionali

L'affluenza in Veneto crolla: al primo rilevamento appena sopra il 10%

Alle 12 il 10,10% del veneti è andato a votare contro il 14,74 del 2020

Veneto, l’ora della verità: un voto che decide leadership, equilibri e un’eredità politica lunga trent’anni

VENEZIA - Primo rilevamento dei votanti, quello delle 12, per le elezioni regionali del Veneto e si scopre un crollo di quasi 5 punti percentuali rispetto al 2020. A livello regionale la media è del 10,10% contro il 14,74% del 2020. La provincia dove si è andato a votare di più è Padova con quasi l'11%, la peggiore Belluno con circa l'8%. A Venezia il 10,23% contro il 15,27% del 2020.

Tra le 7 e le 23 di domenica 23 novembre e tra le 7 e le 15 di lunedì 24, più di 4 milioni di cittadini del Veneto attraverseranno un seggio per scegliere chi prenderà il posto di Luca Zaia e quali forze occuperanno i 51 seggi del Consiglio regionale. Ma il voto non è solo un passaggio di consegne: è un test di tenuta per il centrodestra, un termometro della rivalità tra Lega e Fratelli d’Italia e un referendum soft sull’eredità politica di un presidente rimasto al vertice per 15 anni. Il Veneto, laboratorio e bastione del centrodestra da tre decenni, torna a parlare al Paese. E spesso, quando qui il quadro cambia, altrove prima o poi arriva l’eco.

La scheda elettorale veneta racchiude tre partite.

  1. La prima è la scelta del nuovo presidente: in corsa ci sono Alberto Stefani per il centrodestra, Giovanni Manildo per il “campo largo” di centrosinistra e M5S, Riccardo Szumski con la lista civica “Resistere”, Marco Rizzo per Democrazia Sovrana e Popolare e Fabio Bui con i Popolari per il Veneto. Le rilevazioni delle ultime settimane indicano un vantaggio molto ampio del centrodestra con Stefani tra il 58% e il 63% e Manildo poco sotto il 35%, ma il giudizio definitivo spetta sempre alle urne.
  2. La seconda riguarda i rapporti di forza interni alla coalizione: Lega e Fratelli d’Italia sono in testa a testa nel voto di lista, entrambi intorno al 23%–24%, con Forza Italia più staccata ma in grado di incidere sul quadro consiliare. La contesa è tutt’altro che simbolica: qui si misurano il radicamento della Lega post-Zaia e la capacità di FdI di consolidare il sorpasso del 2022 anche nel Nord produttivo. 
  3. La terza, più silenziosa ma non meno rilevante, riguarda la “forza d’inerzia” di Luca Zaia: l’uscente non è ricandidabile per il vincolo di mandato e per la giurisprudenza ormai consolidata sul “terzo mandato” dei governatori. Eppure il suo nome attraversa la campagna: la lista personale o la scelta di farlo capolista in tutte le province—un’opzione evocata nelle ultime settimane—ha un potenziale effetto traino per la Lega e per la coalizione. Qui passa il cuore della narrazione: quanto pesa ancora l’“effetto Zaia” su un Veneto che lo ha rieletto nel 2020 al 76,79%?

I numeri del voto: corpo elettorale, orari, regole

  1. Gli aventi diritto sono poco più di 4,29 milioni; si vota nelle 7 circoscrizioni provinciali: Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza. La provincia più popolosa ai fini elettorali è Treviso (circa 829.700 elettori), seguono Padova (793.900), Vicenza (774.100), Verona (761.500), Venezia (714.400), Belluno (217.800), Rovigo (205.100). 
  2. Le urne sono aperte domenica 23 novembre 2025 dalle 7:00 alle 23:00 e lunedì 24 novembre dalle 7:00 alle 15:00; lo scrutinio comincia subito dopo la chiusura. Si vota con voto disgiunto: è possibile scegliere un candidato presidente e una lista non collegata, oppure votare solo la lista (trascinando il voto al suo presidente collegato), o solo il candidato presidente. Per il Consiglio si possono esprimere fino a due preferenze, ma di sesso diverso
  3. Il sistema elettorale prevede che i 49 seggi di lista (più il candidato presidente eletto e il miglior perdente) siano assegnati con metodo proporzionale e premio di maggioranza alla coalizione vincente, con soglia di sbarramento per le liste non coalizzate. Obiettivo: garantire governabilità senza sacrificare del tutto la rappresentanza.

Il Veneto è governato dal centrodestra ininterrottamente da 30 anni. Dal 1995 al 2010 ha guidato Giancarlo Galan (Forza Italia), poi dal 2010 al 2025 Luca Zaia (Lega). Quindici anni a testa: stessa coalizione, due leadership molto diverse. La stagione di Galan ha coinciso con la costruzione del brand Forza Italia nel Nord-Est e la spinta infrastrutturale; quella di Zaia con il radicamento territoriale della Lega veneta, la stagione dell’autonomia differenziata come orizzonte identitario e la gestione dell’emergenza Covid che ne ha consolidato il consenso. Oggi la staffetta si ripete, ma con un equilibrio interno mutato: FdI chiede da tempo più peso nei governi regionali del Nord; la Lega rivendica la “paternità” amministrativa del Veneto. Questa tensione spiega perché il voto di lista sia, per entrambi, un test cruciale.

Chi corre e con chi: le coalizioni

  1. Centrodestra: Alberto Stefani (deputato, vicesegretario nazionale della Lega e segretario della Liga Veneta) è sostenuto da un’alleanza larga: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Udc, Noi Moderati e sigle autonomiste come Liga Veneta Repubblica. L’obiettivo è triplice: blindare la presidenza, mantenere la Lega primo partito in Veneto e calibrare l’equilibrio di giunta con FdI dopo il voto. 
  2. Campo largo: Giovanni Manildo (ex sindaco di Treviso, area PD) è sostenuto da Partito Democratico, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra, +Europa/Volt e varie liste civiche. La sua scommessa è la mobilitazione sull’offerta dei servizi—a partire dalla sanità—e su un modello di sviluppo che bilanci competitività, coesione e transizione ecologica.
  3. Altre candidature: Riccardo Szumski (medico, area no-vax, lista Resistere), Marco Rizzo (Democrazia Sovrana e Popolare) e Fabio Bui (Popolari per il Veneto, già presidente della Provincia di Padova) puntano a intercettare voto d’opinione e pezzi di territorio scontenti dei poli. Nelle ultime rilevazioni, Szumski oscilla fra 5%–6%; Rizzo e Bui sotto il 3%

L’“effetto Zaia”: un capitale politico che non si esaurisce la notte dello spoglio

Al netto delle regole, la campagna non ha avuto un “incumbent” in campo. Ma il peso di Zaia è stato avvertibile in ogni provincia. I sondaggi segnalano come il “marchio Zaia” continui a essere un moltiplicatore di consenso per il centrodestra e, in particolare, per la Lega, che solo pochi mesi fa—alle Europee—in Veneto non brillava. Nell’ultimo Ipsos per il Corriere, Lega e FdI sono praticamente appaiate, con un’indicazione chiara: il voto alla Lega cresce dove Zaia è più esposto sul territorio e dove la lista personale o la scelta del governatore come capolista ha attivato reti civiche. È la prosecuzione di una traiettoria iniziata nel 2020, quando la lista Zaia superò da sola il 44%, presentandosi come “partito del presidente”. Replicare quel risultato è impossibile senza Zaia candidato, ma l’inerzia resta. 

Regole del gioco: perché la legge elettorale incide sugli esiti politici

Il premio di maggioranza garantisce stabilità alla coalizione vincente, di norma oltre il 60% dei seggi utili. Significa che un governatore sopra il 40% consolida una solida base consiliare. In questo contesto, gli equilibri interni si regolano con la spartizione assessorile e la presidenza del Consiglio regionale. Da qui il significato del voto di lista: non è solo un derby identitario; è la bussola che orienterà le deleghe chiave—sanità, bilancio, infrastrutture, sviluppo economico

Trent’anni di centrodestra: continuità, svolte, paradossi

Guardando indietro, la fotografia è nitida. Dal 1995 al 2010 la stagione azzurra di Giancarlo Galan, tre mandati consecutivi, ha ancorato il Veneto all’asse Forza Italia–centrodestra nazionale dei governi Berlusconi. Dal 2010 in poi, la leadership territoriale si è spostata verso la Lega, che con Zaia ha saputo trasformare l’identità autonomista in proposta di governo pragmatico, legando l’istanza di autonomia a un racconto di qualità amministrativa. In mezzo, i paradossi: una regione locomotiva che ha visto crescere in modo costante gli iscritti all’AIRE (oltre 500 mila, circa il 12% del corpo elettorale totale) e che, al tempo stesso, ha mantenuto standard elevati in molti indicatori socioeconomici. Il quadro demografico, infine, pesa: donne al 50,9% del corpo elettorale; neodiciottenni al primo voto regionale oltre 250 mila.

Memoria breve: l’ultima volta al voto

Alle regionali 2020, il Veneto consegnò a Zaia un record storico: 1.883.960 voti personali e 76,79% dei consensi, con un’affluenza al 61,15% su 4.126.114 elettori. Allora il contesto era eccezionale—pandemia e gestione dell’emergenza in primo piano. Oggi lo scenario è più “normale”, ma la cifra di quell’elezione resta la misura della profondità del legame fra il presidente uscente e il suo elettorato. Capire quanto di quella fiducia si trasferirà al successore è uno dei temi politici centrali di questo voto. 

Informazioni pratiche per chi vota

  1. Documenti: carta d’identità o documento equipollente e tessera elettorale con spazi disponibili; in caso di smarrimento, rilascio duplicati nei Comuni con aperture straordinarie durante i giorni del voto.
  2. Orari: domenica 23 (7–23) e lunedì 24 novembre (7–15).
  3. Come si vota: è ammesso il voto disgiunto; per il Consiglio si possono esprimere due preferenze di genere diverso.
  4. Spoglio: inizia lunedì 24 alle 15.
Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su

Caratteri rimanenti: 400