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Venezia
23.11.2025 - 15:19
La mattina, in Ruga Rialto, la luce si infila tra le calli come una lama paziente. In vetrina, un paio di montature d’epoca: acetato spesso, cerniere lucide, un riflesso ambrato che racconta storie di mani esperte. Dietro il bancone, per decenni, c’è stato lui: Urbano Vascellari. Un uomo che, più che occhiali, montava “prospettive”: stringeva una vite e ricomponeva il mondo, sovrapponendo tecnica e misura, ascolto e bellezza. Se ne è andato a 93 anni, e con lui scompare una delle voci più autorevoli dell’ottica veneziana e cadorina, una figura che ha attraversato il Novecento e il nuovo millennio come un filo robusto, teso tra il Cadore e Venezia. La città lagunare lo ricorda come “l’Ottico di Rialto”, ma prima di quella targa c’è una storia lunga, che comincia tra i monti, davanti a una mola e a un sogno.
Nasce a Calalzo di Cadore, dove l’aria sa di resina e d’officina. È lì che il ragazzo Urbano, a 14 anni, entra in Safilo: un battesimo dell’industria nell’anno 1946, quando l’occhialeria veneta sta trovando la sua voce nel dopoguerra e il distretto del Cadore si prepara a diventare capitale mondiale. In reparto si impara a memoria l’anatomia di un occhiale: i ponti e le aste, i calibri e le finiture, l’arte della lucidatura ad acqua. È una scuola severa e generosa insieme, fatta di gesti ripetuti e di precisione ostinata.
Quei primi anni valgono come un apprendistato lungo una vita. Ma Urbano vuole anche una base teorica solida: a Milano, nel 1953, consegue il diploma di ottico. È l’atto che consacra il passaggio dall’officina allo studio, dall’industria al rapporto diretto con le persone. Da quel momento, il montaggio non è solo esecuzione: è consulenza, è cura, è capacità di leggere un volto e una postura, di trasformare una diottria in un oggetto che “sparisce” sul viso perché funziona davvero.
Nel 1957 Urbano Vascellari sceglie Venezia. È una mossa che mescola intuito commerciale e sentimento per la città: in Laguna la domanda d’ottica cresce, il turismo si intreccia alla vita quotidiana, l’artigianato trova pubblico e riconoscimento. Due anni più tardi, nel 1959, apre la sua prima attività veneziana, la Nuova Ottica. Il banco di lavoro è a vista: un laboratorio in cui chi entra capisce che qui si aggiusta, si lima, si calibra.
Il passo decisivo arriva il 29 marzo 1964: nasce, a due passi dal Ponte di Rialto, l’insegna destinata a diventare un riferimento cittadino, Ottica Vascellari — presto nota come “L’Ottico di Rialto”. In pochi anni quel punto vendita diventa il cuore pulsante dell’impresa e del quartiere: un luogo in cui ci si dà appuntamento, ci si riconosce, si torna per un controllo o per cambiare solo le aste perché il viso è dimagrito o gli occhiali sono scesi di un millimetro. È l’ottica come servizio pubblico, come presidio di prossimità: un negozio che restituisce qualità visiva e insieme appartenenza a una comunità.
L’avventura di Urbano non è mai stata solitaria. In bottega entrano, col tempo, le nuove generazioni: il figlio Roberto Vascellari raccoglie l’eredità professionale e la rilancia con idee compiute. Con Roberto, Luana, Renato e un piccolo gruppo di collaboratori, il negozio assume una fisionomia contemporanea senza perdere l’anima artigiana. Non solo: la famiglia costruisce, in decenni, una collezione di occhiali antichi e vintage di valore, usata come chiave per raccontare un pezzo di storia del design italiano.
Nel 2025, una selezione di oltre 100 pezzi storici — tra cui quelli provenienti dalla Fondazione Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore e da raccolte private come quella di Roberto Vascellari e del designer Lucio Stramare — diventa parte della mostra “The Lens of Time – The History of Eyewear in Italy”, ospitata a Palazzo Flangini a Venezia e promossa da ANFAO in collaborazione con la Fondazione di Venezia e Fondazione M9. È la dimostrazione plastica di come una bottega possa dialogare con la cultura e con le istituzioni, restituendo alla città ciò che per anni ha ricevuto: attenzione, cura, saper fare.
Capire Urbano Vascellari significa leggere una geografia produttiva. Il suo percorso unisce il Cadore — con il suo “genio manifatturiero” e l’energia delle ditte storiche come Safilo — e la Laguna, luogo di scambio, vetrina e laboratorio di stile. In questo ponte ideale, ogni ruolo ha la sua responsabilità: chi progetta e fabbrica, chi monta e adatta, chi racconta l’occhiale nel linguaggio della moda.
L’insegna commemorativa “Vascellari1946” ne è un simbolo: una capsule di montature realizzate in Cadore con materiali ricercati, acetati spessi, lucidature eseguite come “si faceva negli anni ’40”, e il ponte di Rialto inciso in oro all’interno dell’asta. Dentro c’è il DNA di una tradizione familiare e territoriale, l’idea che un’occhialeria non “vende più forte”, ma “spiega meglio”. È un’eredità industriale e culturale che ha educato generazioni di ottici e clienti alla qualità.
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