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Astensionismo alle regionali, Ciambetti: "Prevedibile e previsto"

Il presidente del Consiglio regionale: "Pesano gli iscritti Aire, ma il problema è più profondo"

Astensionismo alle regionali, Ciambetti: "Prevedibile e previsto"

VENEZIA — «L’astensionismo? Prevedibile e previsto». Con queste parole il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, commenta il forte calo dei votanti registrato alle elezioni.

Per Ciambetti, le cause della scarsa affluenza sono «tante, tantissime», ma tra queste pesa in modo ormai «statisticamente rilevante» l’anomalia rappresentata dal numero di aventi diritto al voto residenti all’estero e iscritti all’Aire: 613.938 elettori, pari al 14,29% dell’elettorato complessivo, con un incremento di 134.533 unità rispetto al 2020. Un aumento che, sottolinea, incide pesantemente sul dato generale. «Se teniamo conto che gli elettori nella provincia di Belluno sono circa 177 mila, comprenderemo bene quanto pesino i 134.533 elettori Aire aumentati rispetto al 2020. Più in generale, 613 mila iscritti Aire sono quasi il doppio degli elettori delle province di Belluno, circa 177 mila, e Rovigo, circa 195 mila».

Una situazione che, a suo giudizio, rischia di avere effetti ancora più critici in occasione delle elezioni comunali. «Questa anomalia inizia a pesare molto nello scenario regionale, ma può avere esiti devastanti nel caso di elezioni amministrative locali, quando si rinnoveranno i Consigli comunali ed eleggeranno i sindaci», osserva Ciambetti.

Il presidente, tuttavia, chiarisce come questo elemento non basti a spiegare il «dato durissimo e incontrovertibile» dell’astensionismo, un fenomeno che affonda le radici nel tempo. A questo proposito richiama un passaggio di Norberto Bobbio, scritto nel 1984 in Il futuro della democrazia: «Nella società di massa il voto di opinione sta diventando sempre più raro: oserei dire che l’unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito o credono di aver capito che le elezioni sono un rito cui ci si può sottrarre senza grave danno, e come tutti i riti, ad esempio la messa alla domenica, sono in fin dei conti una seccatura».

Da qui, secondo Ciambetti, la necessità di interrogarsi non solo sulle responsabilità della politica ma anche su chi possa trarre vantaggio dalla crisi della partecipazione democratica. «Possiamo, anzi dobbiamo interrogarci sulle cause del non voto partendo da quel “cui bono?” che Cicerone attribuiva al console Lucio Cassio Longino. I partiti e la politica hanno molte colpe, ma dobbiamo anche chiederci chi trae vantaggio dalla crisi profonda della democrazia e della politica, i cui tempi, ritmi e dibattiti sono sempre più avvertiti come riti lontani dai veri problemi dei cittadini».

«Su quest’ultimo punto — conclude — la riflessione è più che urgente».

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