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Venezia

Disegna la mamma con un coltello, il papà denuncia la compagna

Accessi al pronto soccorso, consulti con i servizi e infine la decisione di cambiare casa per mettere in salvo la figlia

Disegna la mamma con un coltello, il papà denuncia la compagna

Una bambina di 6 anni che sul foglio della scuola disegna la sua mamma con un coltello. Niente didascalie, solo una lama sproporzionata che occupa quasi mezza pagina. È il particolare che spinge un padre di 39 anni a mettere in fila ciò che, dice, stava già vedendo e sentendo in casa: minacce, scatti d’ira, urla, oggetti scagliati a terra, perfino — secondo la sua denuncia — gesti aggressivi rivolti anche a lui, tutto spesso davanti alla figlia. Da lì, una catena di mosse: pronto soccorso, colloqui con pediatra e servizi sociali, quindi la decisione più difficile, trasferirsi con la piccola per «metterla in sicurezza». Una scelta estrema, racconta l’uomo, maturata dopo settimane di tensione.

Il caso arriva da Mestre. L’uomo attribuisce alla compagna di 36 anni un crescendo di comportamenti intimidatori e violenti, che lui documenta anche con quel disegno: lo considera una prova indiretta, un “campanello” che confermerebbe il clima di paura percepito dalla bimba. Una lettura che gli esperti invitano a maneggiare con prudenza, ma che, inserita in un contesto di segnali convergenti e referti medici, può diventare un elemento di valutazione. La vicenda — al centro di un fascicolo informativo — richiama una domanda ricorrente: quanto siamo capaci, come adulti e come istituzioni, di riconoscere i segnali di violenza assistita e intervenire in tempo?

Secondo quanto ricostruito dal padre 39enne, la compagna avrebbe messo in atto minacce e atti violenti, anche in presenza della figlia di 6 anni. Il racconto prende corpo con accessi al pronto soccorso per verifiche e consulenze; quindi i contatti con pediatra e servizi sociali, fino alla decisione dell’uomo di allontanarsi dall’abitazione con la bambina. La piccola, a scuola, disegna la madre con un coltello: il padre interpreta quell’immagine come un segnale di allarme, un indizio della tensione che la minore starebbe respirando. Tale rappresentazione, da sola, non può dimostrare un reato, ma inserita in un quadro di elementi oggettivi può orientare le valutazioni di pediatri, assistenti sociali e magistratura.

La cronaca locale, del resto, restituisce da mesi un territorio — tra Venezia e cintura — in cui episodi di minacce con armi da taglio o aggressioni in ambito familiare continuano a emergere, a volte anche in prossimità di scuole e luoghi frequentati da minori. È accaduto, ad esempio, in primavera, con un padre minacciato con coltello vicino a un istituto di Mestre: un episodio diverso, ma significativo nel misurare la sensibilità della comunità rispetto alla violenza che si manifesta in spazi condivisi.

Nel lavoro clinico con i bambini, disegni e giochi simbolici possono far emergere stati emotivi e vissuti difficili da verbalizzare a 6 anni. Gli specialisti, tuttavia, sono chiari: un singolo disegno non “prova” nulla. Diventa significativo se si ripete una certa iconografia (armi, ferite, figure minacciose) e se coincide con altri indicatori: regressioni comportamentali, disturbi del sonno, somatizzazioni, chiusura relazionale, frasi riferite agli adulti di cura. Le linee di indirizzo più recenti sul tema della violenza assistita suggeriscono percorsi di valutazione multidisciplinari — sanitari, psicologici, sociali — capaci di integrare osservazioni scolastiche, familiari e cliniche in un quadro coerente. L’Istituto Superiore di Sanità nel 2025 ha pubblicato linee operative per la formazione degli operatori sanitari proprio su prevenzione della violenza contro le donne e violenza assistita da minori, con enfasi sulla lettura integrata dei segnali e sulla collaborazione tra servizi.

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