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Retrone e Bacchiglione i fiumi più inquinati del Veneto tra batteri fecali e Pfas

Legambiente presenta il bilancio della campagna itinerante

Retrone e Bacchiglione i fiumi più inquinati del Veneto tra batteri fecali e Pfas

Criticità diffuse tra glifosate, Pfas e depurazione insufficiente, con un allarme sulla salute pubblica e il rischio ambientale

VENEZIA -  Un quadro allarmante emerge dalle acque venete: i fiumi Retrone e Bacchiglione si confermano i più inquinati da batteri fecali, segno di cattiva depurazione, mentre i Pfas, i cosiddetti “forever chemicals”, continuano a contaminare otto corsi d’acqua su dieci monitorati. Il report finale di Operazione Fiumi 2025, la campagna itinerante di Legambiente, fotografa una situazione critica sul fronte della qualità delle acque, senza segnali di miglioramento per quanto riguarda batteri fecali e glifosate.

La campagna, dal titolo “Esplorare per custodire”, ha visto nel 2025 i volontari e le volontarie di Legambiente impegnati a monitorare lo stato di salute di 13 corsi d’acqua veneti: Po, Canalbianco, Brenta, Piovego, Brentella, Bacchiglione, Retrone, Fratta Gorzone, Sile, Dese, Livenza, Adige e Piave. Su 10 punti di campionamento, uno o più dei 26 composti Pfas analizzati sono stati riscontrati in 8 punti; in particolare Retrone e Fratta Gorzone risultano i più inquinati da questi “forever chemicals”, con il Retrone che quest’anno ha registrato per la prima volta anche un Pfas di nuova generazione.

Sul fronte della depurazione, i dati sugli escherichia coli parlano chiaro: su 53 punti monitorati, 21 superano i 1000 MPN/100mL, considerato da Arpav lo standard di qualità, mentre 10 punti superano le 5000 unità batteriche MPN/100mL, limite legale di scarico. Tra le criticità maggiori spiccano il Retrone a Creazzo e Vicenza (19.863 MPN/100mL) e il Bacchiglione a Vicenza (17.329 MPN/100mL), confermando la situazione di fiumi “malati cronici”. Solo pochi tratti, come Caldogno sul Retrone, mostrano valori accettabili. Altri fiumi con livelli preoccupanti di escherichia coli sono Adige, Brenta, Brentella, Piovego, Livenza e Sile.

Anche il glifosate, erbicida ampiamente utilizzato in agricoltura, resta presente: su 53 punti, è stato riscontrato in 15 casi, ma ha superato il limite legale di 0,1 μg/L solo in 4 punti, tra cui Fratta Gorzone, Canalbianco, Brenta e Dese. Particolarmente preoccupante è la presenza di Terbutrina nel Livenza, pesticida vietato in Unione Europea dal 2003.

Per quanto riguarda i Pfas, i dati mostrano una contaminazione diffusa. Su 10 punti di campionamento, 8 presentano uno o più composti tra i 26 analizzati, con valori che spesso superano i limiti di potabilità stabiliti dal D. Lgs 18/2023 e le SQA per PFOS e PFOA. Il Retrone a Vicenza raccoglie ben 12 composti, mentre il Fratta Gorzone mostra 10 composti preoccupanti. Anche il Livenza a Motta di Livenza supera le SQA, mentre valori più bassi si registrano sul Sile, sul Dese e sul Canalbianco. Legambiente lancia un appello a non “normalizzare” la presenza dei Pfas e a mantenere alta l’attenzione sulla loro pericolosità.

Il monitoraggio ha incluso 116 campioni raccolti in 53 punti e analizzati dai laboratori di ARPAV, rilevando la presenza di escherichia coli, glifosate e Pfas. La metodologia si basa sulla Citizen Science, che consente di ampliare la capacità di monitoraggio coinvolgendo direttamente cittadini e comunità locali. I risultati sono stati presentati in otto tappe tra maggio e giugno 2025, accompagnati da laboratori, passeggiate e attività di sensibilizzazione.

A sottolineare l’urgenza di interventi concreti, il 14 novembre 2025 a Lonigo (VI) numerose associazioni della società civile hanno lanciato il “Patto di Comunità per la bonifica del sito ex-Miteni di Trissino”, nell’ambito della campagna nazionale “Ecogiustizia Subito in nome del popolo inquinato”, chiedendo bonifica immediata, tutela della salute pubblica e riconversione sostenibile del territorio. L’area colpita dal disastro Pfas coinvolge 380 km² tra Vicenza, Verona e Padova, con almeno 300mila persone esposte.

Secondo Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto, “accanto a bacini che mantengono uno stato complessivamente buono, come il Piave e in parte l’Adige, persistono criticità diffuse legate a nutrienti, pesticidi e Pfas. Gli strumenti di conoscenza esistono, ma è necessaria una scelta politica decisa per ridurre le fonti di contaminazione e rendere strutturali gli interventi su depurazione e pratiche agricole, se si vogliono rispettare gli obiettivi europei e tutelare la risorsa idrica nel tempo”.

La campagna ha inoltre richiamato l’attenzione sull’impatto dei cambiamenti climatici, con eventi estremi sempre più frequenti che aumentano i rischi per territorio e popolazione. Giulia Bacchiega, responsabile della campagna Operazione Fiumi, conclude: “Un’attenzione a 360 gradi sulla risorsa idrica non può che essere obiettivo primario, e lo confermano anche gli eventi atmosferici estremi degli ultimi giorni. Operazione Fiumi ha lo scopo duplice di valutare lo stato di salute delle acque ma anche il modo in cui ne facciamo uso e gestione”.

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