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Cala il sipario sul festival del cinema

Domenica la proiezione del documentario “Una certa libertà” prodotto da Cnca con Zalab

Cala il sipario su festival del cinema

CHIOGGIA - Domenica 25 agosto si è concluso il festival “Laguna sud – il cinema fuori dal palazzo” con il documentario “Una certa libertà” prodotto da Cnca con Zalab. Arrivato alla sua decima edizione, l’iniziativa si è dimostrata particolarmente apprezzata dalla cittadinanza che in quasi tutte le serate ha partecipato per assistere alle proiezioni dei film. “Una certa libertà” si sviluppa in una serie di interviste a sette persone, Abu sini Giris (Jereys); Barat Ali Fatuma Majdi (Fatima); Sima Gul Hassani; Al-Majidi Shata Abdul Zahar Radi e Boubacar Mahamat Affaguis , tutte con un passato di migrazione, accomunate dalla città di Ancona, dove sono stati accolti. Il video è prodotto all’interno del progetto Crises as Opportunities: towards a Level Telling Field on Migration and a New Narrative of Successful Integration - Opportunities grazie a un finanziamento della Commissione Europea sul programma Horizon 2020. “Sono davvero onorato e felice a tutti coloro che hanno realizzato questo documentario e per aver scelto di proiettarlo per la prima volta qui - ha dichiarato al pubblico Andrea Segre, regista e promotore del festival – si tratta di una prima assoluta e non ci era mai capitato in dieci anni di festival quindi ringraziamo chi lo ha pensato e prodotto. si tratta di un lavoro collettivo, che nasce da un progetto europeo e sviluppato da Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti) e che si radica in una città come quella di Ancona”. Cinzia, lavoratrice di Cnca, era presente durante la serata e ha spiegato come è nato il progetto: “è un vero onore per noi essere qui e abbiamo fortemente voluto questo documentario che è stato affidato a Zalab. L’idea di base era che si potesse avere una narrazione sulle migrazioni più equa, solidale e che prendesse in considerazione l’opinione di tutti. Noi del Coordinamento ci siamo chiesti perché le voci che ascoltiamo sulla migrazione sono sempre le stesse e mai dei protagonisti nella maggior parte dei casi. Quando ascoltiamo loro, infatti, ci troviamo sempre ad avere dei punti in comune. La bellezza di questo prodotto è proprio nello scoprire che siamo tutti esseri umani”. Gli uomini e le donne intervistate, tutti con età differenti, anche giovani, hanno raccontato la loro esperienze di vita, le motivazioni che gli ha spinti a lasciare il proprio paese e trasferirsi in Europa e in Italia. L’evento si è poi concluso con un piccolo dibattito insieme a tre dei protagonisti presenti, due ragazze dell’Afghanistan, e un ragazzo dal Bangladesh. “In un anno sono cresciuta, cinque giorni fa ho compiuto ventidue anni. Il primo anno in cui sono stata in Italia non capivo il dolore che provavo. Sono dovuta scappare perché i talebani hanno invaso il mio paese. Con il tempo il dolore ha avuto il suo posto nel mio cuore ed è stato molto bello vivere questi tre anni in Italia. È stato anche doloroso, come dicevo, ma bello, perché sono stata accolta da una donna italiana che ormai è come la mia seconda madre. Io ero morta quando sono arrivata in Italia, lei mi ha cambiato” ha raccontato Fatima. “è stato bello vederci nel documentario, soprattutto perché c’è anche mia figlia. Per me il senso di questo film è che aver parlato della vita che mi sono lasciata alle spalle e della nuova vita in Italia insieme alla mia bambina” - ha spiegato Silvia. Presenti anche Stefano Collizzoli e Matteo Calore, che insieme ad Alberto Cagol hanno prodotto il documentario.

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