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LO STUDio

Lavoro irregolare , un 'giro' da 4,6 milioni di euro

Lo studio di Cgia che analizza i settori più coinvolti

Lavoro irregolare , un 'giro' da 4,6 milioni di euro

VENEZIA - In Veneto, il volume d'affari annuo legato al lavoro irregolare è di 4,6 miliardi di euro, rappresentando il 3,1% del valore aggiunto totale regionale. Solo la Lombardia ha un'incidenza inferiore. Sebbene il peso del lavoro "in nero" sia relativamente contenuto, questa piaga sociale richiede costante monitoraggio e contrasto. In Veneto, 185.400 persone sono coinvolte nell'economia sommersa, pari al 6,5% del totale nazionale. Il tasso di irregolarità del Veneto è all’8,1%, secondo solo alla Provincia Autonoma di Bolzano con il 7,9%.

Anche se non ci sono dati regionali specifici, si stima che i settori più colpiti dal lavoro irregolare in Veneto siano i servizi alla persona, l’agricoltura, le costruzioni e il settore ricettivo. L’Ufficio studi della CGIA ha evidenziato che a livello nazionale, nel 2021, il lavoro irregolare ha generato un valore aggiunto di 68 miliardi di euro, con la quota maggiore nel Mezzogiorno (23,7 miliardi). La Calabria registra l'incidenza percentuale più alta (8,3%) del valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare, seguita da Campania (6,9%) e Sicilia (6,6%).

L'Italia conta 2.848.100 lavoratori non regolari, con il tasso di irregolarità più elevato in Calabria (19,6%), Campania (16,5%) e Sicilia (16%). Il fenomeno del lavoro nero, spesso collegato al lavoro forzato, è particolarmente diffuso in agricoltura, edilizia, tessile, logistica e servizi di consegna e assistenza. Il caporalato sfrutta i lavoratori più vulnerabili, tra cui immigrati e donne, in settori dove è necessaria manodopera per brevi periodi e in luoghi isolati.

L’agricoltura, in particolare, è colpita da questa piaga a causa delle condizioni di lavoro, trasporto e alloggio spesso inadeguate e della precarietà giuridica dei lavoratori migranti. Fenomeni di caporalato sono presenti da decenni in diverse regioni italiane, inclusi il Lazio, la Campania, la Puglia e la Calabria, oltre che nelle aree agricole del Nordest.

La tragica situazione recente nelle campagne dell'Agro Pontino è un esempio delle pratiche schiavistiche e dello sfruttamento dei lavoratori irregolari. Gli imprenditori agricoli, sfruttando lo status irregolare dei migranti, evitano contratti regolari, pagano salari bassi e creano problemi legati all’alloggio, ai trasporti e ai servizi sociali. La grande distribuzione, monopolizzata da poche imprese, continua a comprimere i prezzi, costringendo i piccoli agricoltori a ridurre i salari, alimentando così il caporalato.

Per contrastare questo fenomeno, è necessario modificare la legge nazionale per includere tutte le forme di conferimento agricolo tra quelle tutelate, incentivare l'attività ispettiva e aumentare gli investimenti pubblici nel settore dei trasporti e delle soluzioni abitative temporanee per garantire una vita dignitosa ai lavoratori.

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