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Chiudono numerose botteghe artigiane storiche

L'analisi di Cgia sulla crisi che sta colpendo il Veneto

Chiudono numerose botteghe artigiane storiche

VENEZIA - Allarme artigiani in Veneto. La regione, negli ultimi anni, ha assistito a un calo significativo del numero di artigiani, con una diminuzione del 23,4% dal 2012 al 2023, secondo i dati elaborati dall'Ufficio studi della CGIA basati sulle informazioni dell'INPS. Questo calo è particolarmente preoccupante, poiché se la tendenza non verrà invertita, potrebbe diventare difficile trovare professionisti come idraulici, fabbri, elettricisti, e altri artigiani entro i prossimi dieci anni.

Anche il numero delle imprese artigiane attive ha subito una riduzione significativa. Dal picco del 2007, con 147.322 aziende artigiane attive, il numero è sceso a 120.746 nel 2023. Questa diminuzione è parzialmente attribuibile ai processi di aggregazione e acquisizione che hanno seguito le crisi economiche del 2008-2009, 2012-2013 e 2020-2021. Mentre queste fusioni hanno contribuito a un aumento della produttività, hanno anche ridotto il numero di piccole imprese artigiane.

La contrazione del settore artigiano non è solo una questione economica, ma sta anche trasformando il paesaggio urbano, con la chiusura di numerose botteghe artigiane storiche. Queste botteghe, spesso a conduzione familiare, erano punti di riferimento nei quartieri e nelle città, e la loro scomparsa sta contribuendo a un degrado urbano visibile, soprattutto nelle periferie e nei centri storici.

Tuttavia, non tutti i settori artigiani sono in crisi. Alcuni, come quelli del benessere e dell'informatica, stanno registrando una crescita, con un aumento di acconciatori, estetisti, tatuatori, e professionisti del web marketing e social media. Anche il settore alimentare, con gelaterie, gastronomie e pizzerie per asporto, sta vivendo un momento positivo, soprattutto nelle aree turistiche.

Le cause principali di questa contrazione includono l'invecchiamento della popolazione artigiana, la mancanza di ricambio generazionale, la concorrenza della grande distribuzione e del commercio elettronico, e l'aumento dei costi di affitto e delle tasse. Inoltre, il cambiamento delle abitudini dei consumatori, che preferiscono prodotti di massa e consegnati a domicilio rispetto a quelli fatti su misura, ha avuto un impatto negativo.

Per contrastare questa tendenza, è necessario rivalutare culturalmente il lavoro manuale e investire nell'orientamento scolastico e nell'alternanza scuola-lavoro, con un focus sugli istituti professionali. Il Veneto, in particolare, sta registrando difficoltà nel trovare giovani interessati a mestieri tradizionali come autisti, sarti, pasticceri, idraulici, elettricisti, e altri artigiani.

Tra il 2023 e il 2012 è stata Rovigo la provincia con il -31 per cento ad aver registrato la variazione negativa più elevata in Veneto. A livello nazionale solo Vercelli ha subito una contrazione più significativa del territorio polesano. Seguono Verona con -26,9, Padova con il -24,7 e Belluno con il -23,9 per cento. Le realtà, invece, ad aver subito le flessioni più "contenute" sono state Vicenza con il -22, Venezia con il -20,1 e, infine, Treviso con il -20 per cento (vedi Graf. 1). In termini assoluti le realtà provinciali che hanno registrato in Veneto le decurtazioni più importanti sono state Verona con -10.267, Padova con -9.774, Vicenza con -8.085, e Treviso con -7.007 (vedi Tab.1). Per quanto riguarda le regioni, infine, le flessioni più marcate in termini percentuali hanno interessato l'Abruzzo con il -29,2 per cento, le Marche con il -26,3 e il Piemonte con il -25,8. Il Veneto si colloca all'8° posto nella classifica nazionale con un "taglio" del 23,4 per cento (-45.822 unità). In valore assoluto, invece, le perdite di più significative hanno interessato la Lombardia con -60.412 unità, l'Emila Romagna con -46.696 e il Piemonte con -46.139

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