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Veneto
26.06.2025 - 18:03
VENEZIA - È arrivata oggi la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Vicenza che riconosce i vertici dell’azienda Miteni colpevoli di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque. Le pene inflitte vanno dagli 11 ai 17 anni di reclusione, mentre i responsabili civili Mitsubishi Corporation e ICIG dovranno partecipare al risarcimento dei danni stabilito in oltre 6,5 milioni di euro a favore della Regione del Veneto e delle altre parti offese. Un pronunciamento che segna un momento storico e fondamentale nella lunga battaglia per la tutela delle comunità venete colpite da uno dei più gravi disastri ambientali in Italia.
Il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha commentato la sentenza sottolineando il ruolo di primo piano assunto dalla Regione sin dal 2013, anno in cui, su suo mandato, tramite ARPAV vennero segnalati per la prima volta alla magistratura gli effetti gravissimi e irreversibili dell’inquinamento da PFAS. «Fu la Regione a individuare l’inquinamento nei corpi idrici della Valle del Chiampo, in prossimità dello stabilimento Miteni di Trissino, identificato poi come fonte primaria della contaminazione che si estende su oltre 190 chilometri quadrati tra le province di Vicenza, Verona e Padova», ha ricordato Zaia.
Il Governatore ha ribadito come la Regione abbia agito con determinazione fin da subito, nonostante l’assenza di un quadro normativo specifico per i PFAS. Tra le misure messe in campo, l’imposizione ai gestori idrici di sistemi di filtrazione, lo stanziamento di fondi per la messa in sicurezza del territorio, e soprattutto l’attivazione, nel 2016, di un Piano di Sorveglianza Sanitaria che ha coinvolto 127.000 cittadini dell’area maggiormente contaminata, aggiornato nel 2018. «Abbiamo investito risorse regionali, ottenuto lo stato di emergenza nel 2018, e sostenuto in sede giudiziaria una tra le più ampie documentazioni tecnico-scientifiche mai prodotte in un processo ambientale in Italia», ha aggiunto Zaia. Il riconoscimento del danno e la condanna dei responsabili è per lui la conferma di un ruolo istituzionale svolto con dedizione, scientificità e trasparenza, con la Regione in prima linea non solo nella denuncia ma anche nelle azioni concrete di bonifica, come l’installazione di barriere idrauliche e filtri a carbone attivo.
Sull’esito del processo è intervenuto anche l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, che ha evidenziato la delicatezza della vicenda e l’impegno profuso dalla Regione. «In assenza di un intervento statale – ha spiegato – ci siamo assunti la responsabilità, pur non avendone la competenza, di fissare limiti precisi per le acque potabili e gli scarichi industriali, espandendoci a rischi e ricorsi legali. È stata una battaglia difficile, in cui spesso la realtà è stata rovesciata, come se fossi io il responsabile dell’inquinamento». Bottacin ha ringraziato le forze dell’ordine e la magistratura per il lavoro svolto con terzietà ed obiettività, sottolineando la necessità, ora più che mai, di adottare limiti nazionali chiari, uniformi ed efficaci per i PFAS. «Su questo come Regione abbiamo già offerto piena collaborazione al Governo», ha concluso, ribadendo che «la tutela dell’ambiente e della salute pubblica resta una priorità assoluta».
Non si è fatta attendere la reazione di Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale, che ha definito la sentenza «un segnale forte e inequivocabile: inquinare non paga, anzi costa molto a chi lo pratica, viste le condanne e i risarcimenti decisi dal Tribunale di Vicenza». Tuttavia, Baldin ha ricordato il prezzo pagato dalla popolazione, dalla fauna e dall’ambiente del Veneto: «È costato molto di più, la salute di intere comunità, compromessa dagli sversamenti di PFAS da parte di Miteni, nonostante le ripetute denunce di associazioni ambientaliste, comitati civici, organizzazioni sindacali e il Movimento 5 Stelle». La consigliera ha infine sottolineato la necessità di vigilare affinché non si ripetano «situazioni analoghe, mascherate o surrettizie, in nome del profitto».
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